Incontro con l’autore foggiano de “E non vorrei lo sai, lasciarti mai perché”
Il C.Lab dell’associazione ProvoCult è qualcosa di più di una sede associativa, di un esperimento culturale di un luogo di aggregazione. E’ fucina di idee, di intenzioni e di realizzazioni. Uno spazio insolito, diverso e accogliente. Rispetto ai classici luoghi aggregativi sangiovannesi, è decisamente altro. Inaugurato ad inizio gennaio, in questo piccolo locale del centro storico, in via San Nicola, questo gruppo di ragazzi ha saputo organizzare e concentrare una serie di eventi culturali, magari di nicchia ma comunque ancorati al territorio e improntati sulla valorizzazione di arti, passioni, energie e idee che si originano nella nostra realtà territoriale. Quindi Mostre, dibattiti, corsi di decorazione dolci o di riciclo di materiali, e poi gli appuntamenti come “Aperitivo e Storie”, che ieri ha visto protagonista Francesco Berlingieri giovane foggiano autore del libro “E non vorrei lo sai lasciarti mai perché” firmato con lo pseudonimo di Lobanoski2, un omaggio all’esperienza del progetto editoriale del collettivo Wu Ming.
Un libro sul calcio. Sulla passione calcistica di provincia, quella per il Foggia Calcio, ma non solo. La sua passione per il calcio, per il Foggia, è lo spunto è il filo conduttore è lo sfondo sul quale l’autore ricama altri temi, quali la famiglia, le amicizie nate sugli spalti dello stadio, la giovinezza, il tifo, l’esperienza delle trasferte sotto la pioggia a centinaia di chilometri da casa e tutto quel mondo poetico che ruota attorno al calcio, almeno al vecchio calcio, quello romantico che metteva al centro di tutto lo stadio, la voglia di esserci e di sognare sempre e comunque anche se vai a vedere Foggia-Catanzaro, e non la Juve o il Milan. Quel mondo che con l’avvento delle pay-tv, del calcio spezzatino piegato al business, si è trasformato da “gioco bellissimo, a spettacolo mediocre”.
“Come la scrittura, il calcio è una di quelle passioni che ti trovano, non te le vai a cercare. Quando da bambino la domenica tuo padre guardava te figlio maschio e tu già sapevi che saresti andato allo stadio, il calcio ti aveva trovato. Allo stadio dove giocavi con altri bambini come te, che forse non avevano scelto essere lì, ma qualcuno ce li aveva portati. Non lo sceglievi tu, eppure giocando allo stadio con gli altri bambini finisce che cresci, ti abitui, ti piace ti innamori di quel mondo e poi non riesci a farne a meno” racconta l’autore “ed è quel mondo, quello dello stadio negli anni ottanta che io ho vissuto da bambino quel calcio presente anche nei discorsi familiari di battesimi o matrimoni, una passione forse anche un po’ insana, ma ti faceva stare insieme a gente che incontravi solo la domenica, uomini senza distinzioni di ceto capaci di abbracciarsi sorridere e anche piangere per un’impresa sportiva, collettiva e identitaria”.
Quel calcio che per molti significava identità, radici e percorso formativo di vita di padri di figli e di uomini. Quello che oggi è diventato calcio aziendale, dei fatturati delle pay-tv, degli stadi sempre più vuoti e simili a ghetti, che ha trasformato quegli uomini in superstiti-sognatori, nostalgici di un mondo che non tornerà.
Interessante è anche il modello di pubblicazione scelto dall’autore. Si tratta di un lavoro autoprodotto, che sfruttando i canali del web, dei social network e del tam-tam degli ambienti del tifo si sta diffondendo rincorso da pubblici di nicchia che spesso gli editori sottovalutano. Che a pensarci bene, parlando di tifosi e soprattutto di calcio tanto di nicchia poi non sono.
Pio Matteo Augello