di Marco Miscio
Nei
giorni scorsi l’Amministrazione Comunale di San Giovanni Rotondo ha reso noto
di aver preso contatti con diversi soggetti, per sviluppare una cooperazione
permanente basata su una serie di interventi che mirano alla valorizzazione
della conoscenza, della creatività e della cultura, il tutto per creare un
Distretto Culturale, che vada a valorizzare le esistenti risorse culturali, e
ne incentivi di nuove.
Un’iniziativa
meritoria, che va accolta con grande attenzione, in quanto in un contesto
socio-economico-finanziario particolarmente difficoltoso, quella dell’economia
della cultura è una delle strade da percorrere non solo per portare un ritorno
di natura squisitamente culturale, ma soprattutto per portare importanti
vantaggi economici ai beneficiari.
La
scorsa settimana in un mio intervento sul portale sangiovannirotondonet.it,
ho cercato di illustrare in modo dettagliato proprio questa sfida culturale che
molte città italiane stanno vincendo, avendo dei ritorni turistici ed economici
molto importanti.
Il
progetto pilota cui l’Amministrazione Comunale fa riferimento “EVO-CLUSTER,
Evoluted Cultural Cluster”, è finanziato dalla Comunità Europea, che ha
predisposto nei suoi capitoli di spesa fondi (400 milioni di euro) da destinare
a soggetti istituzionali e privati, volti all’accrescimento culturale, inteso
come vettore di sviluppo economico-finanziario.
Naturalmente
l’accesso ai fondi europei non è illimitato, e quindi per sviluppare un
autentico e produttivo network culturale che dia un forte e significativo impulso
all’economia, si rende necessario verificare e concretizzare il reperimento dei
fondi in modo diverso.
Da
qualche anno a questa parte sta prendendo piede il cosiddetto “fund raising”, ossia una strategia
volta a sostenere finanziariamente una causa sociale, in questo caso,
culturale, mediante finanziamenti da reperire da soggetti diversi da quelli
pubblici.
Allo
stato attuale, quasi tutti gli operatori culturali basano il loro sostentamento
su fondi pubblici e fondi erogati da finanziatori “istituzionali”.
E’
chiaro che vi è un notevole ritardo nell’approccio a detti sistemi di
finanziamento, in quanto le istituzioni culturali hanno ancora una visione
puramente strumentale del fund raising, sovente degradato a poco più di una
questua: una richiesta di risorse estemporanea e non pianificata, che di non
solito non implica altro corrispettivo che una generica riconoscenza, o nei
migliori dei casi un’apposizione del marchio dell’azienda finanziatrice. Quindi
si tratta di un corrispettivo più formale che reale, in quanto non inserito in
una precisa strategia di valorizzazione comunicativa, e soprattutto non prevede
alcuna responsabilizzazione del beneficiario nei confronti degli obiettivi e
della sensibilità di coloro che finanziano.
Il
coinvolgimento di privati cittadini e imprese, potrebbe rappresentare una
valida alternativa al tradizionale finanziamento pubblico, ma purtroppo è poco
incentivato finanche dalle stesse organizzazioni culturali, che faticano a
intuire i possibili benefici dalla partecipazione di tali soggetti alle
iniziative e alle attività culturali, e dall’altro l’attuale quadro legislativo
poco chiaro, ma molto confuso e macchinoso.
Riguardo
le donazioni individuali, sono ancora limitate le incentivazioni fiscali
nell’attuale regime di esenzione, e quindi non vanno ad incoraggiare i
cittadini ad effettuare donazioni alla causa culturale, il più delle volte
messe in secondo piano rispetto alle più sentite cause sociali, anche perché
reputate dal potenziale donatore, come attività elitarie che riguardano ed
interessano i ceti sociali più ad alto reddito, e quindi il cui sostegno
spetterebbe ai soggetti direttamente interessati.
Riguardo
il coinvolgimento delle imprese nel sostegno alla cultura, sono state
deliberate nuove norme in materia di sponsorizzazione e mecenatismo: in
particolare, una norma che equipara la sponsorizzazione di attività culturali con
le attività promozionali dell’azienda stessa, che permettono di dedurne
integralmente i relativi costi, fornendo quindi all’impresa di ricavare
benefici in termini di immagine, ma anche di miglioramento nei rapporti con i
propri pubblici interni ed esterni, quali comunità locali, enti territoriali,
partner commerciali e pubblico in generale.
Scegliere
di investire in un’attività capace di produrre risorse finanziarie alternative
al tradizionale finanziamento pubblico, rappresenta di certo per le
organizzazioni culturali uno stimolo molto forte verso la credibilità e
l’efficienza, nonché un impegno fattivo e costante nel comunicare con la
massima trasparenza e solerzia le proprie modalità di gestione ed uso delle
risorse ricevute, oltre che i progetti e le iniziative realizzati e i risultati
ottenuti.
Un
primo passo importante è stato fatto dall’Amministrazione Comunale nel dar vita
al processo di realizzazione del Distretto Culturale, ma l’azione del governo
cittadino deve estendersi oltre: incentivare, sensibilizzare e promuovere nelle
modalità più consone il reperimento di fondi, da parte degli operatori
culturali, anche presso i privati, singoli cittadini ed imprese, ossia
adottando in modo compiuto il “fund raising”.
Se
le due cose andranno di pari passo, finanziamenti istituzionali, in questo caso
europei e finanziamenti da privati, la grande sfida culturale potrà avere un
esito positivo, e sarà in grado di portare significativi benefici sociali ed
economici alla nostra città.