LibriAmo a cura di Renata Grifa
Riposizionare se stessi di fronte a quel che non è come lo si vorrebbe vedere.
Ovviare così alle simmetrie.
Un genere di aggiustamento che coinvolge la pura invenzione:
come regolare la fantasia,
davanti al brutto cosi come davanti al bello,
rispetto a ciò che ci sembra di capire,
altrettanto che davanti all’incomprensibile?
Da dove muoverli, i primi passi di un genere di creazione
che abbia un attento osservare, alle spalle?
“Si…può…faaare!”
Questa, molto probabilmente, la prima frase che viene in mente se parliamo di lui, del Mostro. Sì, perché quell’ammasso spaventoso altro non è che il Mostro e Frankenstein è solo il suo padre-creatore.
Ma forse pochi sanno che dietro le divertenti scene cinematografiche firmate dal genio indiscusso di Mel Brooks si cela uno dei più grandi capolavori della letteratura internazionale: Frankenstein; or The Modern Prometheus di Mary Shelley.
Tanti gli autori che si sono avvicendati nelle tematiche cupe e surreali di un romanzo che ancora oggi continua a suscitare curiosità e imitazione.
Senz’altro originale e profondo è lo spunto che questo romanzo dà a Lisa Ginzburg per la sua Pura Invenzione. Dodici variazioni su Frankenstein di Mary Shelley.
Partendo dalla F di Felicità fino alla N di Nascere, il nome di Frankenstein diventa un acronimo per volgere lo sguardo su un viaggio introspettivo che l’autrice compie ritrovandosi ad assumere l’aspetto di una moderna Mary Shelley.
L’assenza di una madre, l’essere così vulnerabile, la disperazione per non essere accettati da un lato (il Mostro) e la colpa di un fallimento dall’altro (il dr. Frankenstein) sono le tematiche alla base di questo romanzo che diventa pretesto per un’analisi di sé “al Mostro voglio bene. È lui, ai miei occhi, la figura più umana del romanzo, e lo è in primo luogo per la sua rabbia – per tutto il dolore che in quella rabbia sta annidato.”
E ancora, il peso di un cognome così ingombrante per le ambizioni letterarie di una scrittrice che nonostante sia ormai affermata pare scettica verso se stessa “È proprio sicura di voler scrivere?” Eccolo, il punto: eravamo infine approdati al nucleo della terapia. Traguardo che rischiava di catapultarmi in un nuovo precipizio”.
Frankenstein è la storia di un abbandono, di un uomo che volendo sfidare la vita stessa ne genera un’altra che diverrà il suo tormento eterno. Nessuno si salva in questo romanzo, la mancanza di qualcosa è il filo conduttore che legherà i due personaggi fino alla morte.
“Costruire un romanzo può segnare la via di uscita da un senso di mancanza”, questo forse il primo passo che attraverso l’errore porta alla perduta felicità e alla (ri)nascita della stessa, “Nasce così, una grande, grandissima storia. Una pura invenzione”.