“Le derive democratiche iniziano sempre con l’anestesia della partecipazione popolare”
Scegliere è il potere più grande che l’uomo ha per decidere il proprio destino. Per questo il predominio degli esaltati da delirio di onnipotenza si realizza essenzialmente con l’impedire l’esercizio della libertà altrui a realizzare la propria vocazione a pensarla diversamente e a vivere questa diversità, seppure nel rispetto reciproco, assumendo decisioni autonome, incondizionate. Quando qualcuno ti dice che è inutile scegliere, stanne certo: lo ha già fatto per te, a tuo discapito.
Le derive democratiche, fateci caso, iniziano sempre con l’anestesia della partecipazione popolare: è storia, che l’arroganza insinua puntualmente quando veste i panni del potere e, in maniera ancora più subdola, se mostra il volto del boy scout risolutore qual è quello calcato da Renzi. Così anche questo referendum sulle trivelle ad oltranza ha posto (e lascia del tutto aperta) una questione seria che travalica le ragioni del Si e del No, entrambi rispettabili: la compartecipazione. Se, poi, chi dovrebbe fare da arbitro (come il presidente del Clonsiglio o l’ex presidente della Repubblica Napolitano) ti invita a restare fuori dal campo perché la partita è una bufala, è semplice capire che l’intenzione è quella di riservarsi il perimetro di gioco per determinare a suo esclusivo vantaggio un risultato già predefinito e da ostentare sfacciatamente come una grande vittoria.
Ma se Renzi è figlio legittimo di un rigurgito fascista, a preoccupare è soprattutto il silenzio degli incoscienti che scodinzolandogli dietro sfilacciano l’ordito posto a fondamento delle loro stesse garanzie democratiche. Astenersi dal voto o, peggio, istigare a disertarlo la gente stomacata dallo spettacolo delle convenienze della politica, svilisce del tutto il sistema valoriale che regge la costituzione democratica del nostro Paese. Chi oggi tace – e acconsente – sulla fuga dalle urne, domani non potrà pretendere ascolto dalla coscienza civica che si appella a sostegno della propria rappresentanza politica o sociale. In altri termini, quei parlamentari, esponenti istituzionali e politici che si sono sottratti al loro dovere di invitare le persone a recarsi a votare (per il Si o per il No, ma comunque a votare) per questo referendum, non saranno più credibili quando ci chiederanno di partecipare ad una qualsiasi consultazione democratica, foss’anche di un condominio. L’ignavia è il peccato che maggiormente non si perdona a chi ha scelto di farsi portavoce delle proprie comunità, ancor meno il silenzio da incoscienti in cui si nascondono consapevolmente.
Antonio Blasotta
ilmattinodifoggia.it