“Signore, ritorna per amore dei tuoi servi,
tutti noi siamo opera delle tue mani”
I.S. 63.17; 64,7.
a cura di
don Carlo Sansone
L’invito alla vigilanza da parte di Gesù è riconoscere che si è in cammino e nell’attesa. L’attesa impegna ciascun cristiano a muoversi incontro, non solo, ma impegno di vita, dono che va restituito al Signore che viene.
L’avvento non è preparazione ad una ricorrenza di cui la liturgia celebra la memoria, ma per essere celebrazione si richiede attuazione di ciò che la memoria indica e si fa presente in virtù del Signore risorto che presiede e celebra nella persona del suo ministro e del suo corpo, la Chiesa, l’incontro con i suoi figli e servi, di coloro scrive Isaia che “praticano la giustizia e si ricordano delle tue vie”(Is. 64,4).
Aspettiamo il Signore, Gesù stesso chiede di vigilare, per non essere trovati “addormentati”. Incarnandosi Dio, venendo tra i suoi, in Betlemme, ci ha trovati incapaci di accoglienza, distratti e inospitali: “venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv.1,11).
La vigilanza richiesta da Gesù è pratica di amore, l’attesa è la forma di amore meno praticata, essa dà spessore all’amore stesso, lo nutre, lo prepara a farsi dono, lo educa all’incontro: l’amante sta presso l’amato, l’amato presso l’amante. La vigilanza ha mansioni nuziali (cfr. la parabola delle dieci vergini). Si aspetta chi si conosce e da chi si è conosciuti, conoscere nel linguaggio biblico è esperienza di vita. La vigilanza (essere vigili) appartiene alla vita dei cristiani, l’invito di Gesù riguarda una delle norme di vita cristiana e religiosa, riguarda la fede e la vita di fede: la veglia. Si entra nella veglia, non nell’ora del tempo, ma della vita della risurrezione “Non vi lascerò orfani, ritornerò a voi…mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”(Gv.14,18.19). Si entra alla presenza del Signore che pur non visto fisicamente si avverte la sua presenza operante poiché la sua parola che ci ha resi destinatari della sua venuta e del suo amore intesse la vita quotidiana e comunica la sua presenza: “voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio…chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama…e mi manifesterò a lui”(Gv. 16,27; 14,21).
Quando l’attesa sconfina nella notte del peccato, del dubbio, della sofferenza, o entra nello spazio d’amore verso una persona, vegliare significa prendere o riprendere il percorso per orientare la vita verso colui che si ama, lo si aspetta, verso l’Atteso che può anche non essere riconosciuto, incontrato, vivibile in ogni creatura poiché siamo da lui abitati! Ciascuno potrà evangelizzare l’attesa, la notte, il giorno, la veglia è vivere l’annuncio della nascita e rinascita. La persona che veglia è una persona che non si lascia sedurre e catturare dalla notte delle sue debolezze ed imperfezioni, è una persona, proprio perché cristiana, che non vuole diventare una cosa sola con le tenebre, con l’oscurità di chi non riconosce Gesù o lo rifiuta.
Tommaso chiede: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?” e Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”(Gv.14,5.8). Gesù risponde indicando la sua persona essere la via, la verità, la vita. Entrare e vivere in stato di vigilanza è praticare la vita di Gesù che è verità e via alla vita stessa. La veglia dovrebbe scandire l’ora dei nostri incontri con il Signore, con se stessi, con i fratelli. Pregare è dare alla veglia la misura dell’eternità che irrompe ogni giorno nella storia mediante la sua parola, la liturgia eucaristica, i sacramenti, le opere della fede, la nascita di ogni creatura che diventa il sì di Dio all’amore tra le sue creature, il nostro sì al suo amore che dà vita, infatti ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito…il convertito è colui che ha fatto sua la vita di Gesù!
Aspettare è vivere sempre con colui che si aspetta. Questo è amore. Nella veglia non si è soli, in ciascuno di noi, nelle nostre preghiere e veglie, negli impegni di ogni giorno, nella liturgia quotidiana, è presente anche il cosmo intero: ”Sappiamo bene, infatti, che tutta la creazione…- aspetta – essa non è sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando…la redenzione del nostro corpo”(Rm. 8,22-23). L’amore che nutre l’attesa è operoso, la vivifica sapendo che ogni tempo, ogni attesa ha una fine “Che nessun dono di grazia vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor.1,7) che è vita nell’eternità dove “ Non vi sarà più notte” (Ap. 21,25)
Vieni, Signore Gesù!
Sac. Carlo Sansone