Magister adest et vocat te
Il Maestro è qui e ti chiama (Gv 11,28)
di Don Carlo Sansone
Dio si manifesta chiamando all’esistenza, ciò che non era è. Nello splendore della vita ogni creatura è sua immagine e somiglianza. Dio contempla e gode di se stesso nelle sue creature. La creazione, la risurrezione è dono della vita eterna.
Siamo stati creati per l’eternità, risorgeremo per l’eternità il cui ingresso, da cui uscire, è il sepolcro, il luogo del dormiente, dell’atteso, di Colui che ci ha preceduto, Gesù, che ci garantisce l’esistenza senza fine. Se Gesù non è risorto, vana è la nostra fede! (cfr 1Cor 15,14). Ogni forma di malattia, di mutilazione è una forma di non vita ed è segno di quella così radicale da non sapere il ritorno. Il morire nel rifiuto di Dio! Il morire nel peccato e del peccato: “ Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce” (Gv 11,9) ed “ io sono la luce del mondo, chi segue me avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
Meditando sul peccato Bernanos scrive: “ Il problema della vita dipende da quello del peccato. Il peccato è innanzi tutto un crimine contro l’Amore. S’insinua come l’aria. Ci usa dal di dentro. Il peccato che divora lascia assai poca cosa della vita. Il peccato ci fa vivere alla superficie di noi stessi, rientriamo in noi stessi solo per morire, ed è lì che ci aspetta”.
L’uomo non ha inventato l’amore, l’amore ha un suo ordine: quello dell’amore di Dio. Dio ne è il maestro.
Si prendono sempre le distanze dalla luce accontentandosi di vivere al suo orizzonte, ma sappiamo che siamo attesi da qualcuno o da qualcosa che vogliamo evitare: “ il Maestro è qui e ti chiama “. Gesù parla della morte di Lazzaro, altri pensano al riposo del sonno, lo stesso di chi prende le distanze dalla verità: la chiamata alla vita. Siamo nati per la vita, su questa la morte non ha potere, la chiamata alla risurrezione richiama quella della creazione. La morte è entrare nella chiamata, anzi è l’ultima chiamata di Gesù. Perciò gioisce di Lazzaro:” sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate” (Gv 11, 15) e Tommaso esclama,” andiamo a morire anche noi”.
“Il problema non è morire o come morire, ma con chi morire”.
In vita il giudizio di Dio è ‘Dio con noi’, egli ha scelto la sua creatura come sua abitabilità, chi ascolta e osserva la sua parola lo ama e chi” mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui. Verremo e prenderemo dimora presso di lui” (Gi 15,21.23). L’amore di cui parla e vive Gesù è obbedienza e obbedienza della fede.
Non si muore per disgrazia ma per chiamata: “Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io”(Gv 14,2-3). La morte introduce e porta nel compimento della vita, seguire Cristo è seguirlo nel suo percorso, non dove dico io ma dove Lui è! Si muore con lui e con lui si risorge: “chi crede in me anche se muore, vivrà” (Gv 11,25).
E’ la verità che Cristo ha manifestato sulla croce, che scandalizza, ma non è la verità che scandalizza, è non dirla e riconoscerla tutta intera. L’omissione, il rifiuto della verità è la stessa che ha fatto piangere Gesù su Gerusalemme e davanti al sepolcro di Lazzaro, per amore.
Sac. Carlo Sansone