Intervista a Luigi Placentino, docente di religione
Professore, da quanto tempo insegna religione?
Insegno religione nelle scuole medie da 12 anni. Devo dire che fortunatamente la mia materia viene rispettata da tutti e anche dagli altri insegnanti. Faccio lezione una volta alla settimana, ma mi piace avventurarmi anche in altri progetti per i ragazzi come il Cineforum o le gite scolastiche, che mi permettono di stare molto tempo con loro. Mi occupo anche di altre attività legate soprattutto al calcio, sport che mi permette di stare a stretto contatto con alcuni giovani della città.
La scuola è cambiata molto. Quali sono le differenze maggiori tra dodici anni fa e oggi?
La differenza principale sta nel significato di rispetto. Dodici anni fa c’era rispetto nei confronti di chi aveva un ruolo. Ora non c’è. Non sono tanti dodici anni ma l’insegnante faceva l’insegnante. Ora l’insegnante è un amico o un nemico, ma comunque qualcuno da non temere. È cambiato proprio il concetto. Certo molto dipende da come i ragazzi sono abituati. Noi quando andavamo a scuola a casa i nostri genitori ci sgridavano se non studiavamo e i genitori avallavano le decisioni degli insegnanti. Ora invece i genitori non fanno altro che difendere i figli in tutto. È questo un errore educativo non indifferente. Il rischio è che i ragazzi non hanno, così, più chiarezza di ruoli.
Ha mai vissuto situazioni estreme?
Non ho mai avuto problemi disciplinari. La cosa che a me non va è, però, l’incapacità di ascoltare. I ragazzi oggi hanno questo brutto vizio di parlare mentre qualcuno sta già parlando. È soprattutto la televisione che abitua i ragazzi ad assumere questo atteggiamento.
Crede ci sia troppo benessere?
Noto che i ragazzi hanno mille interessi ma poi non si interessano a nulla. Non li vedo pienamente soddisfatti. Questo lo noto soprattutto quando facciamo le gite scolastiche. In generale non sono capaci di stare insieme. Ascoltano la musica da soli, giocano da soli. Magari fanno qualcosa insieme agli altri ma poi si annoiano. Li ho invitati più volte a lasciar stare il gioco in solitario, ma è difficile convincerli. All’inizio è molto faticoso cercare di farli stare insieme, poi però l’esperienza è positiva. In realtà mi sembrano tante isole che camminano da sole. E questo atteggiamento è preoccupante.
L’isolamento è tipico dei ragazzi o delle ragazze?
Le ragazze hanno interessi diversi. Pensano alla moda, all’apparenza, alla competizione con le altre ragazze della classe; i ragazzi, invece, pensano solo al gioco. Ma è sempre stato così. Le ragazze maturano prima. Penso che il problema fondamentale sia la mancanza di punti di riferimento. Io spesso mi sento “cercato”. Sapere che io ci sono a loro dà molta sicurezza perché non hanno riferimenti certi. Si sentono persi.
Di cosa hanno bisogno i ragazzi in generale e nella nostra città?
Io credo che oggi i ragazzi abbiano bisogno di regole che vanno soprattutto dimostrate. Posso dire che nella scuola dove insegno,
Da dove nasce il problema comportamentale?
Credo che, in generale, ci sia una confusione di ruoli. Durante i colloqui alcuni alunni negano tutto davanti ai genitori, altri invece sono tranquilli, ma succede spesso, come dicevo prima, che il genitore giustifica il ragazzo invece di ascoltare l’insegnante. Vivono una fragilità pericolosa per il futuro. Non hanno entusiasmo di vivere e il gusto di fare qualcosa che a loro piace.
Cosa può fare la scuola?
Ci potrebbe essere maggiore collaborazione tra genitori e scuola. Io ho la fortuna di avere un rapporto diverso con i genitori perché quando parlo con loro mi considerano un insegnante ma anche una persona che è vicina ai figli. Così, oltre a chiedere dell’andamento del figlio, mi chiedono anche dei comportamenti. Ci sono, poi, delle famiglie completamente assenti. Per esempio, quando ci sono le votazioni per la rappresentanza, va a finire che si tratta di pura formalità. Sarebbe invece interessante mettere a frutto maggiori sinergie tra scuola e insegnanti per mettere in moto un meccanismo strategico utile a rafforzare l’interesse verso i ragazzi e spronarli a fare di più e a stare più insieme.
Gli insegnanti sono interessati alla vita dei ragazzi?
Ci sono alcuni insegnanti che prendono a cuore la formazione e l’etica. Altri no. Io personalmente non condivido che l’insegnante si disinteressi completamente ai comportamenti del ragazzo al di fuori delle attività scolastiche. In fondo non si tratta di riflettere sui valori “ad orario”. Il lavoro dell’insegnante, soprattutto oggi, va al di là della campanella.
M.A.