Gli eventi estivi avvolti dal malcontento giovanile ai tempi dei social network
Ogni anno la stessa storia…
Durante il periodo estivo l’esercizio che si pratica è quello di raccontare quello che si è fatto, come è andata e, ad animare i social, non mancano mai le critiche al calendario degli eventi estivi racchiusi tra le due feste patronali.
Ognuno interpreta la realtà senza avere mai tutte le informazioni, un po’ come se cercassimo di unire i puntini numerati del gioco della “Settimana Enigmistica”, ma ne vediamo solo una piccola parte.
Oggi più che mai la cultura di massa è immersa appieno nell’universo giovanile e nelle sue produzioni culturali.
Un dibattito che ha animato tanto le pagine social e poco le piazze. Una narrazione che coinvolge tutta una comunità, incluso il mondo giovanile che spesso viene poco compreso da chi è candidato ad ascoltare una società che cambia.
Tuttavia i giovani fanno fatica ad emergere ed essere compresi in una società adulta sempre più legata ai gusti del passato.
Più che essere valorizzati per le loro capacità e competenze, i giovani subiscono più frequentemente una sorta di confisca delle loro identità sociali ed esclusione dalla sfera pubblica e istituzionale.
Il senso della questione giovanile sta proprio nella discrepanza tra il modo in cui nel dibattito pubblico/social viene evocato il termine “giovani” e lo spazio che ai giovani viene riservato nelle società in cui vivono.
Noi adulti facciamo fatica ad ascoltare e accettare i gusti musicali, il loro modo di vivere e vestire ma cerchiamo sempre di trasportarli nell’immaginario di noi adulti cresciuti con altre tradizioni.
Se è vero che ogni cittadino ha il diritto di vedere la sua voce rappresentata, i giovani fanno fatica a manifestare pubblicamente il loro interesse e le loro posizioni su temi che li vedono direttamente coinvolti, come ad esempio la mancanza di idonei luoghi pubblici per socializzare o fare sport e altri ambiti della vita quotidiana.
Dai racconti social emerge una società disorientata dove i giovani trovano poco spazio, sono difficili da comprendere e di conseguenza non hanno fiducia in loro stessi, non hanno autostima, le famiglie a volte sono assenti e, loro soffrono di questa indifferenza che li porta alla “solitudine”, “chiusi nel loro io” che, poi sfociano nella violenza.
Mentre la narrazione si riscalda, la parola mafia perde colore come se ci fosse voglia di nascondere la realtà che, proprio in uno stabilimento balneare in località di Marina di Lesina lo scorso 13 Agosto un 52enne è stato freddato da tre colpi d’arma da fuoco esplosi a distanza ravvicinata.
Due settimane prima, il 30 luglio, nelle campagne tra Cerignola e Manfredonia erano stati assassinati altre due persone, padre e figlio di 58 e 27 anni.
Ieri paura nella notte al Luna Park di Manfredonia, dove sono stati esplosi colpi d’arma da fuoco nei confronti di un uomo, con conseguente paura e rabbia della gente.
E mentre ci chiediamo quali feste possano andare bene per una nuova società di giovani, continuiamo a padroneggiare le classifiche dell’illegalità in questa guerra di mafia dove finiscono anche vittime innocenti, come in tutte le guerre.
Per rompere questo cortocircuito di argomentazioni penalizzanti si dovrebbe dare maggiore ascolto così che ogni nuova generazione si senta accolta, rispettata nel corpo politico e ritenga che i suoi contributi siano apprezzati.
Cambiare si può. Dipende dai giovani, da noi e non solo.
Berto Dragano