La “voce” del prof. Salvatore Ritrovato
Gentile Giulio Giovanni Siena,
ho letto con vivo interesse la sua lettera. Mi sembra che lei ponga male le sue ragioni. Lei è un giornalista, se non sbaglio, non cerchi di fare il professore, lasci perdere il futurismo. E lasci perdere anche il cubismo, il surrealismo, il dadaismo, non si impegoli nella critica d’arte contemporanea.
Venga direttamente al sodo: le piace la fontana in cui lei vede alcune vicende di San Giovanni Rotondo. Ok, e che fa? Cita il Manifesto del Futurismo – del 1909 – per spiegare quello che succede oggi, in un paese del Gargano, nel 2009?
Esagerato. Se proprio le interessa l’argomento le mando un invito per un convegno internazionale. Ci saranno un po’ di specialisti, ma è aperto a tutti. Inoltre, sa che i futuristi della prima ora cercavano giusto persone come lei? Le persone serie, cioè che si prendevano molto sul serio, prive perciò di senso dell’ironia, e felici di ammetterlo, erano i loro bersagli preferiti. I futuristi non avevano rispetto per i valori della tradizione? Ma di quale tradizione sta parlando? di quali futuristi? In Russia, pensavano di dare il loro contributo a un mondo migliore, e furono perseguitati dal sistema sovietico; in Italia, si allinearono presto con il potere, con il peggio della tradizione, e divennero dei “passatisti”. Com’è complicata la faccenda, eh? “Il vero dadaista non è un dadaista”, dovremmo dirlo anche per i futuristi, ma non è questa la sede per discuterne.
Ora, caro Giulio Giovanni Siena, non si preoccupi, è tutto finito. Parla di neo-futuristi? La ‘velocità’ che esaltava Marinetti oggi farebbe ridere. O si aspetta un messaggio educativo dalle automobili, dal computer, dalla televisione?
Un aforista francese diceva: il mondo non si divide fra destra e sinistra, fra nord e sud, scapoli e ammogliati, mariti e amanti, uomini e caporali, e così via; macché, si divide fra persone che hanno il senso dell’humour e persone che non ce l’hanno. Si ricorda del venerabile Jorge, nel Nome della rosa? Beh, aveva deciso di accoppare tutti coloro che venivano a contatto con il secondo libro della Poetica di Aristotele perché parlava della commedia e, quindi, del comico, dell’ironia, del riso. Si uccide ingozzandosi con le pagine di quel libro che lui stesso aveva pazientemente avvelenato, avviluppato nel rogo della biblioteca.
Vede, anche lei ha il senso dell’ironia, ma non lo sa: 40 rotoli di carta igienica sono uno “spreco”? Se fosse stato Arpagone a dirlo, sarebbe venuta giù la platea per le risate. Ma io le ricordo una battuta anche più bella. Un passante, quando ha visto che nella fontana non c’era più carta igienica, ha esclamato con finta disperazione: “E adesso come facciamo? Dobbiamo portarcela da casa?” Ironia sull’ironia! Un vero sangiovannese. Ma SGR è piena di persone capaci di non prendere niente troppo sul serio, e di farti ridere per ore su qualsiasi cosa, si parli di calcio, di politica o di rajanata. Quando li incontro mi sento a casa.
Stiamo per centrare l’argomento. Che cos’è SGR, oggi? Non è una città pagana, né atea – lei dice – ma con una “salda tradizione cattolica”. Beh, è come se uno dicesse che SGR è una città con una salda tradizione di persone sposate. E le ragazze-madri, i ragazzi-padre, i conviventi, i singles, i divorziati, gli omosessuali? Vogliamo dire anche che SGR non è una città ebrea, né musulmana, né evangelista, né luterana, né mormona ecc. Vogliamo chiedere a chi non si è dentro questa salda tradizione cattolica di fare le valige? SGR è una città come milioni di altre città, e non il centro del mondo, neanche di quello cattolico. È vero che quando si chiamava Pirgiano (esistono diverse prove a posteriori, mi dicono) i pirgianesi dovevano essere piuttosto pagani. Fornicazione, adulterio, idolatria erano all’ordine del giorno. Beh, sennò avrebbero adorato non Giano ma San Giano. Noi, ai nostri antenati, gli vogliamo bene lo stesso, anche se non erano cattolici. Fanno parte della “tradizione”. Come ne facevano parte gli alberi sradicati da Corso Umberto I, quasi centenari. Alberi né cattolici né atei, né di destra né di sinistra. Per fare posto a cosa? A un equivoco architettonico: un corso scambiato per una piazza, di cui la fontana sarebbe il coronamento. Che cosa significhi e rappresenti la fontana, boh. Lei se la metterebbe davanti casa? A me piace di più l’ulivo piantato alla rotonda di Via Foggia. Se siamo capaci di scegliere cose belle, perché non cominciamo?
Caro Siena, grazie dell’attenzione che ha dedicato ai 40 rotoli di carta igienica che hanno addobbato per un’oretta la fontana. Visto che dopo un mese quei rotoli fanno ancora parlare, vuol dire che non erano sprecati. Neanche la sua lettera è carta sprecata. Mi piacerebbe che tra noi si stabilisse, di là dalla rispettosa divergenza di vedute, un’amichevole e cordiale stima reciproca. Perché a entrambi sta a cuore lo stesso paese. Con o senza fontana.
Prof. Salvatore Ritrovato