“La mia storia. Il mio grazie ancora oggi a distanza di 17 anni. E per sempre.”
In questo particolare momento abbiamo tutti bisogno di positività e di fiducia, oggi più che mai. E la lettera che Antonio, un ex paziente della Onco-ematologia pediatrica, ha autorizzato alla pubblicazione vuole portare a ciò.
Antonio, originario di Manfredonia ma che vive in Piemonte, è un professore di lettere che insegna in un Istituto Superiore di Lanzo Torinese. Ha vissuto un delicato momento per la sua salute a soli 13 anni. Dopo un anno di cure e tanto amore trascorso nella Casa Sollievo della Sofferenza, ce l’ha fatta. Ogni tanto, appena può, torna a San Giovanni Rotondo a ringraziare chi come lui stesso ci ha riferito “ha reso possibile la mia rinascita”.
L’isolamento, quello vero, lo sperimentai quando a 13 anni, insieme a mia mamma, fui costretto da una rara forma di tumore alle ossa a starmene in “quarantena” perché le mie difese immunitarie erano troppo basse per passare un Natale normale, alla presenza delle persone e dei posti che amavo ma che rappresentavano una possibile minaccia per me. Fu terribile e quella costrizione incise nell’animo e nella mente di un bambino costretto a salutare i suoi fratelli da una finestrella di 30 cm x 30 di una zona speciale del reparto di oncologia pediatrica di San Giovanni Rotondo. Gli unici amici con cui festeggiare l’anno nuovo erano gli stessi vestiti di bianco che oggi rischiano in prima linea, restando per aiutare mentre tanti fuggono.
Oggi mi meraviglio che a quasi trent’anni possa confessare, in un momento di dolore e orgoglio, quello che per tanto tempo per pudore e riservatezza ho tenuto dentro di me.
E mi sorprende come sia una situazione che riguarda tutti ma che molti non avevano compreso fino in fondo (probabilmente l’avranno compresa alle 22 di questo lunedì 09 marzo 2020) a far riemergere in me quelle sensazioni.
Ora come allora mi pervade un senso di dolore e orgoglio. Dolore perché avrei potuto più di tanti salire su un mezzo e scendere a casa per vivere insieme a chi mi vuole bene questo momento così delicato nella vita di ognuno di noi e festeggiare i miei trent’anni con loro che hanno vinto con me sfide difficili come e più di questa. In fondo le attività scolastiche erano sospese e la didattica a distanza l’avrei potuta svolgere dalla mia Puglia. Lavorando in una zona non rossa e considerando l’ottimo stato di salute in base alle disposizioni arrivate prima di ieri sera, nessuno mi avrebbe impedito di mettermi in viaggio verso casa con le dovute accortezze. Ma ho preferito aspettare; ho deciso di farlo per senso del dovere e per amore del mio lavoro, dove la regola è educare anche dando il buon esempio. L’ho fatto perché pensavo fosse da egoisti partire così, perché forse la scuola avrebbe potuto aver bisogno di me in giorni di riunioni, anche se facoltative, dove si decide la soluzione migliore per non far sentire abbandonati i ragazzi che rappresentano un po’ la mia famiglia lontano da casa e dare loro gli strumenti per andare avanti. Ho aspettato soprattutto perché so quanto importante sia la mia salute e soprattutto quella degli altri, per viaggiare in un momento così e farmi portatore di possibili pericoli. A distanza di 17 anni festeggerò i miei 30 anni da solo, tra le valli al confine alpino, in un piccolo paese così diverso dal mio. Poche ore fa il presidente del consiglio l’ha comunicato mentre ero intento a preparare la lezione che affronterò domani da casa con loro, mentre ognuno di noi era intento a fare qualcosa che ricorderà per sempre. Ricorderemo quel momento e quello che stavamo facendo: succede quando si verificano fatti che rimarranno nella storia di un Paese. Me l’hanno ricordato pochi minuti fa la mia fidanzata, i miei genitori e mio fratello in lacrime e con tanto dispiacere, chiamandomi al telefono per dirmi che sarebbero dovuti salire il 18 marzo per festeggiare insieme i miei trent’anni e vivere da vicino un momento così delicato in cui sarebbe stato bello restare uniti. Ma ho capito che resteremo uniti anche da lontano, con più forza e coraggio.
E ho ripensato che quella stessa persona che affrontava con serenità in un reparto di oncologia un male visibile e brutale è la stessa che oggi decide di attendere con pazienza, non diverso da tante brave persone e ottimi cittadini che vivono in silenzio il proprio dolore che arriva inatteso come la pioggia d’autunno. Perché in fondo riuscirò, anzi riusciremo, a vedere ancora oltre quella piccola finestra che ci separa dalla splendida e spesso poco apprezzata normalità anche questa volta.
Con sentita stima e gratitudine verso i tanti angeli in camice bianco.
Antonio
Tanti auguri per il tuo trentesimo compleanno dalla Redazione di SanGiovanniRotondoNET!