“Una mentalità nuova, consapevoli delle nostre radici”
Alla vigilia del Santo Natale abbiamo intervistato il dottor Michele Giuliani, da circa otto mesi nuovo Direttore Generale dell’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza.
Pochi giorni prima della scorsa Pasqua, in occasione dei suoi primi auguri ai dipendenti di Casa Sollievo della Sofferenza ha esordito con “l’emozione che prendeva il sopravvento“.
Ad oggi, a circa otto mesi dall’incarico di Direttore Generale l’emozione ha lasciato spazio ad altro?
L’emozione è rimasta immutata: trovarsi a dirigere l’Opera fondata da un Santo, fare del pensiero di Padre Pio un messaggio attuale, rinnovarlo, rinvigorirlo e anche contestualizzarlo rispetto al tempo che stiamo vivendo e in particolar modo alla medicina del futuro sulla quale dobbiamo basare tutte le scelte strategiche dei prossimi anni, è qualcosa di straordinario ma al tempo stesso mi dà un grande senso di responsabilità.
Otto mesi non sono molti, ma più o meno sufficienti per stilare un bilancio su quanto sia stato fatto e su quanto ancora ci sia da fare. Com’è stato accogliere nella sua vita quella che è a tutti gli effetti l’opera terrena più grande di San Pio, quella che lei stesso ha definito “una casa che non ha proprietà perché deve essere di tutti”?
Questi primi otto mesi sono stati sufficienti per capire e anche indirizzare la struttura verso nuovi traguardi.
In questo periodo è successo tanto. Tanti vertici aziendali sono cambiati, altri stanno cambiando, arriveranno nuove figure dirigenziali di unità operative. Quello che stiamo facendo sarà portare una mentalità nuova all’interno della struttura con la consapevolezza della nostra storia, delle nostre radici ma con lo sguardo che va ben oltre i limiti con cui eravamo abituati a lavorare.
Alcune testate giornalistiche hanno definito l’operato svolto fin ora una “rivoluzione silenziosa”, un fare piuttosto che apparire. Quanto e cosa c’è di rivoluzionario nel cambiamento che sta vivendo Casa Sollievo della Sofferenza?
Di rivoluzionario c’è sicuramente il concetto gestionale: quello che stiamo facendo è una conduzione dell’Opera che vede coinvolti tanti professionisti. L’ospedale ha al suo interno altissime figure professionali, alcune iperspecializzate riconosciute sia a in ambito nazionale che internazionale. Quindi vogliamo dare spazio alle nostre professionalità e ove possibile acquisirne ulteriori e soprattutto dare una possibilità ai tanti giovani del nostro territorio. Un percorso chiaro di sviluppo, di crescita, di accrescimento professionale e soprattutto di sviluppi nel campo della ricerca scientifica.
A proposito di questo, il prossimo anno l’ISBREMIT, Istituto di Medicina Rigenerativa, a cui immaginiamo lei e il suo team abbiate lavorato notte e giorno affinché questa struttura vedesse la luce, taglia il traguardo del suo primo lustro: tanto si sta facendo per la ricerca ma tantissimo c’è ancora da fare. In che direzione sta viaggiando la ricerca scientifica e in che direzione quella di Casa Sollievo della Sofferenza?
Abbiamo veramente fatto una corsa contro il tempo per permettere all’ISBREMIT di ricevere il riconoscimento dell’AIFA: da ottobre tutto quello che viene prodotto all’interno del nostro Istituto è a tutti gli effetti un farmaco e quindi utilizzabile per l’uomo. Abbiamo portato avanti le sperimentazioni cliniche sulla Sla, sulla sclerosi multipla e siamo andati in Olanda per la sperimentazione sul glioblastoma.
I nostri ricercatori si stanno distinguendo ad alti livelli: un nostro ricercatore è stato testimonial dell’Ambassador Day per la ricerca sulla malattia di Kabuki, altri hanno avuto prestigiosi riconoscimenti internazionali ed abbiamo anche vinto tre progetti Horizon, da tutti riconosciuti per la loro importanza in ambito comunitario. Stiamo continuando a lavorare con tutte le nostre forze con quella tenacia che da sempre ci contraddistingue.
Casa Sollievo è una struttura complessa che ha inoltre su di se il carico di essere “struttura del Sud”, sappiamo bene quanto sia arduo farsi valere come presidio ospedaliero in una realtà certamente difficile, ma che nulla ci toglie rispetto alle più prestigiose realtà sanitarie del settentrione: ad oggi se la sente di affermare che CSS resta un esempio di come anche al Sud, se ciascuno agisce secondo la giusta etica lavorativa, le cose possono cambiare e possono essere fatte bene?
Assolutamente sì!
Viviamo le difficoltà nel far bene qui al Sud e lo sforzo che ci porta ad arrivare al raggiungimento di grandi obiettivi devo dire viene ripagato ampiamente. Siamo consapevoli delle sfide future per continuare a tenere quest’Opera ai massimi livelli della sanità nazionale.
Direttore tra qualche giorno festeggeremo il Santo Natale, quale augurio si sente di fare a tutti coloro i quali per differenti ragioni ruotano intorno all’opera di San Pio?
L’augurio è quello di essere sempre all’altezza delle aspettative, del bisogno di cure per le persone che si rivolgono a noi.
Continuo a essere convinto che in una struttura complessa come Casa Sollievo che vede impegnati tantissimi operatori, tante figure professionali, tutti devono sentirsi una colonna nella nostra organizzazione, nella certezza che possiamo dare tanto all’Opera del nostro Santo.