di Berto Dragano
Dopo la pausa estiva, l’esercizio che si compie è quello di raccontare come è andata, cosa si è fatto, le avventure, le emozioni e le critiche che ci hanno attraversato.
Ci si racconta dell’estate che finisce, degli anni 2000 e di Gabry Ponte, della noia di qualche vandalo e del lancio di sassi all’icona della Madonna, della mania di spostare monumenti, della nostra terra, il Gargano, dello stivale bruciato, rosicchiato passo passo, delle feste dei partiti scomparsi e delle Feste di Sinistra sempre piene di giovani e belle speranze.
Ci si racconta del nuovo sindaco, degli alberi mozzati, delle file bulgare per ritirare le buste, dei gemellaggi e dei soliti viaggi istituzionali, delle foto e dei selfie mentre il turismo attende la svolta, delle feste patronali che ottengono sempre grande successo di critica, bilancio economico a parte.
Ci siamo chiesti se poi veramente questa nuova amministrazione sia smart.
Ci si racconta dell’aggressività, della violenza verbale, della maleducazione sempre più diffusa sui social dove le questioni si affrontano come chiacchiere da bar, senza distinguere tra una ricetta della carbonara e uno stupro.
Ci si racconta che dopo le parole ci sono stati gli spari.
Ci si racconta del grido di aiuto del sindaco di San Marco in Lamis, Michele Merla, dopo l’agguato in cui sono state uccise 4 persone, tra cui due contadini, testimoni involontari della sparatoria. “Solo chi non vuole non vede quello che sta succedendo. La mafia garganica ha fatto un salto di qualità e ci sentiamo abbandonati. Non abbiamo nemmeno un commissariato di polizia, abbiamo solamente 2 vigili urbani”.
Ci si racconta delle lacrime di dolore per i fratelli Luciani e delle parole della cognata dei due agricoltori uccisi durante i funerali: “La mafia è connivenza, è girare la testa dall’altra parte. Non abbassate lo sguardo”
Ci siamo chiesti come sia disarmante ascoltare la disperazione, la povertà di un territorio che annaspa mentre il territorio scala le classifiche dell’illegalità.
Ci si racconta che la parola mafia non esiste, ma risuona dappertutto fra ipocrisia, cravatte annodate e il sudore tra campi di pomodoro. Come se ci fosse voglia di nascondere una realtà che, proprio a Vieste e su tutto il Gargano in questa calda estate ha ucciso come niente fosse.
Un territorio messo in ginocchio non solo per lo spaccio di droga.
E mentre ci chiediamo se la mafia esiste, padroneggiamo le classifiche dell’illegalità in questa guerra di mafia dove finiscono inesorabilmente anche vittime innocenti, come in tutte le guerre.
È guerra. E in mezzo ci sono i cittadini che sono costretti a subire le aggressioni e a convivere con la paura.
Cambiare si può…dipende da noi e non solo…
Aspettiamo l’autunno.
Berto Dragano