Adolescenza: consigli per l’uso
Le derive dell’adolescenza: quando diventare grandi diventa un problema
A cura della dottoressa Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e riabilitativa
L’adolescenza è un periodo della vita di forti e rapidissimi cambiamenti non solo a livello fisico, ormonale e anatomico, ma anche a livello psicologico. Il ragazzo adolescente vive una vera e propria crisi di identità poiché in questo momento della sua esistenza si avvia a lasciar andare quegli schemi di sviluppo più infantili per avviarsi a strutturare la propria personalità su schemi più adulti. Egli mette in discussione la propria identità proprio per poterla definire e maturare l’idea che ha di sé stesso. Si tratta di un processo non lineare, con un andamento che può prevedere dei balzi in avanti e dei passi indietro e anche delle fasi regressive in cui si ripropongono modalità e schemi di comportamento infantili.
Quello che non dobbiamo dimenticare, è che si tratta fin qui di un processo naturale e necessario di crescita che passa anche attraverso la ribellione adolescenziale, la sfida all’autorità e
l’allontanamento dai genitori. In questa fase, importantissima per lo sviluppo del singolo individuo, il ragazzo si avvia a diventare un adulto autonomo e indipendente, con un suo proprio percorso personale.
Possiamo invece parlare di Problematiche Adolescenziali quando esistono situazioni di altro tipo, che prescindono dalla semplice difficoltà di affrontare un cambiamento in atto.
Alcune problematiche importanti che costellano oggi le nuove generazioni di adolescenti potrebbero essere:
- Disturbi d’ansia e dell’umore
- Disturbi alimentari, come Anoressia e Bulimia
- Abuso di droghe ed alcool
- Chiusura e Isolamento sociale
- Autolesionismo
- Vera e propria fase Depressiva
Quali sono i segnali che facilmente potrebbero far scattare in un genitore un alert per una richiesta d’aiuto?
Uno dei primi segnali potrebbe provenire proprio dal luogo dove i ragazzi passano la maggior parte del tempo: la scuola. Un calo dei voti, uno scarso rendimento, una forma di isolamento verso gli amici potrebbe far scattare dei campanelli d’allarme nei riguardi del figlio adolescente. Potrebbe essere un periodo, si chiederanno in molti? Certo, potrebbe… ma potrebbe anche non esserlo.
I genitori dovrebbero allertarsi anche di fronte ad un atteggiamento di apatia e di mancanza di stimoli, interessi. Il disinteresse nei giovani talvolta è normale e fisiologico, ma c’è il rischio che l’indolenza si trasformi in apatia giovanile, causata da un contesto poco stimolante e statico, dalla bassa autostima, dalla poca fiducia in sé stessi e dall’assenza di gratificazione. Ci si può trovare di fronte a un ragazzo che fatica a trovare un senso o uno scopo, che passa le giornate tra letto e divano, senza concludere nulla.
Altra avvisaglia potrebbe presentarsi laddove
l’adolescente mostri incapacità o difficoltà nel distaccarsi dal genitore, nel
prendere decisioni autonome ed assumersi le proprie responsabilità, continuando
a vivere la propria vita seguendo ancora meccanismi e schemi infantili che si
oppongono a tutte quelle dinamiche che dovrebbero produrre il beneficio della
crescita.
Altro campanello d’allarme dovrebbe essere sortito monitorando le relazioni sociali dei ragazzi in età adolescenziale: se il ragazzo si isola, tende a chiudersi in casa o si allontana e non sembra avere rapporti con i propri coetanei, è possibile che stia vivendo un forte disagio.
Dunque, quando un figlio in età adolescenziale mette in atto determinati comportamenti potrebbe destare molte preoccupazioni nei genitori. Ricordiamo che la sfida che l’adolescente mette in atto nei confronti del genitore è assolutamente normale nel momento in cui corrisponde agli schemi di ribellione tipici dell’adolescenza( che hanno caratterizzato l’adolescenza di ognuno) e che sta a significare una visione del genitore come essere umano alla pari con il quale confrontarsi, comunicare e anche entrare in conflitto, dal quale ci si dissocia in quanto figura mitologica del genitore nell’infanzia.
Quello che un genitore però non dovrebbe fare è assumere un atteggiamento amicale nei confronti del figlio, trasformarsi in compagno, quasi in complice. Questo perché un simile comportamento crea confusione tra i due ruoli, genitore e amico, e mette spesso il genitore nella condizione di non saper dire di no.
In conclusione, di fronte a questi segnali di allarme, il genitore deve essere in grado di accogliere le richieste d’aiuto del figlio e non pretendere che possa farcela da solo o peggio sminuire e minimizzare il problema. L’accoglienza della richiesta d’aiuto e l’avvalersi di strumenti ad hoc per affrontare la specifica problematica è l’unica soluzione che il genitore potrebbe adottare come più consona per il proprio figlio, unita alla comprensione, condivisione ed accoglienza del problema.
Lo so, lo dicono in molti… …
Fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo… … ma essere adolescente, anche!