Si può misurare la felicità?
A cura del dottor Antonio Pio Longo
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni
È possibile misurare scientificamente la felicità?
Se qualcuno ci chiedesse di elencare i momenti felici e quelli tristi che abbiamo incontrato nella nostra vita, la nostra memoria si attiverebbe per rispondere alla domanda ricercando i ricordi relativi agli eventi che ci hanno portato felicità o tristezza. La nostra memoria però, non funziona come un videoregistratore che riproduce fedelmente quello che viene registrato per poi conservarlo intatto quasi per sempre in una cassetta o in un dispositivo di memoria digitale. Il processo del ricordare comporta il più delle volte una rielaborazione del ricordo stesso, che si traduce in una reinterpretazione “al momento” di quell’evento e del contesto presente all’epoca. Il ricordo è vivo e si modifica nel tempo, non è sempre uguale. Per misurare la nostra felicità dobbiamo quantificare i momenti passati in cui siamo stati felici e quelli tristi, mettendoli a confronto. Quando però andiamo a ricordare, assegniamo un valore a posteriori ai ricordi, reinterpretandoli. Il valore assegnato può cambiare nel tempo in base alle stagioni della nostra vita e non rispecchia fedelmente l’evento passato che stiamo cercando di ricordare di volta in volta.
Per superare questo aspetto della memoria, uno psicologo ungherese dal nome impronunciabile inventò il primo metodo per misurare in diretta, cioè momento per momento la felicità. Questo psicologo si chiamava Mihaly Csikszentmihalyi.
Prima di vedere cosa aveva pensato questo studioso, scopriamo qualcosa di più sulla sua vita personale. Nasce in Croazia nel 1934 da famiglia ungherese ed è sempre stato affascinato da come le persone possano vivere in modo diverso le stesse situazioni. Durante la seconda guerra mondiale con la sua famiglia fu prigioniero in Italia. Racconterà in seguito come fu già fortemente attratto nel vedere la tranquillità di alcuni prigionieri che giocavano a scacchi tutto il tempo, incuranti del loro triste destino, rispetto al resto dei prigionieri che erano ansiosi e sopraffatti dalla paura. Si chiedeva, guidato dalla curiosità di un bambino costretto a vivere quella terribile esperienza, come potessero stare così calmi e disinteressati del contesto quei prigionieri che giocavano a turno a scacchi tutto il giorno per tutti i giorni. La sua curiosità lo porterà a diventare professore di psicologia all’università di Chicago dove si trasferì con la sua famiglia finita la guerra. Csikszentmihalyi si è occupato della felicità e ha sviluppato la celebre “teoria del flusso” (di cui parleremo nel prossimo articolo) che spiegava proprio quel comportamento dei prigionieri intenti a giocare a scacchi che lo colpì da bambino durante la prigionia in Italia.
Tornando al metodo che lo psicologo ungherese aveva pensato per misurare la felicità… immaginiamo di essere negli anni ’70 e quindi alla tecnologia presente in quel momento. Lui non fece altro che dare un cerca-persona ciascuno ad un gruppo di adolescenti chiedendo loro di registrare come si sentivano nel momento in cui il cerca-persone emetteva il segnale acustico, che veniva emesso casualmente durante la giornata. Il cerca-persone era una tecnologia avanzata all’epoca, veniva usata esclusivamente in professioni particolari come per i medici ad esempio. L’esperimento è diventato famoso come “Beeper Test” (da beep, cioè il suono del cerca-perosna) ed è forse il primo esperimento in cui si è tentato di mettere la felicità su un piano di misurazione, rendendo questo fenomeno un po’ più misurabile. Infatti in questo modo era possibile tracciare una linea nel tempo sull’andamento dei pensieri e dei sentimenti che possono quindi essere raggruppati in momenti di felicità o di tristezza.
Erano gli anni ’70, immaginiamo quante opportunità abbiamo con la tecnologia di oggi di fare la stessa cosa che ha fatto il “Beeper Test” per monitorare la felicità mondiale non attraverso un cerca-persona che fa beep beep ma una app per smartphone ad esempio.
George Mackerron, professore universitario di economia, lo ha fatto proprio partendo dai presupposti che abbiamo visto insieme in questo articolo. Da questa analisi è emerso che la felicità può essere considerata un flusso e quindi come tale va misurata.
In conclusione vorrei condividere con voi il sito di riferimento da cui scaricare l’app che misura la felicità scientificamente ideata dal Prof. George Mackerron: Mappiness