Quando la rabbia resta in silenzio
A cura della dottoressa Pamela Longo
Psicologa e Psicoterapeuta
Mentre c’è chi tende ad esplodere, esprimendosi in maniera poco rispettosa per i propri interlocutori, inveendo e talvolta anche attraverso agiti violenti, vi è invece chi non si arrabbia affatto, inibendo questa emozione così importante, ma così temuta, spesso dunque mancando di rispetto in primis a sé stessi.
Sebbene nessuna delle due modalità espressive risulti funzionale nelle relazioni e per ciò che concerne il benessere individuale, mi piacerebbe oggi focalizzare l’attenzione su chi e perché è spaventato dall’idea di arrabbiarsi.
Le motivazioni che possono sottendere la mancata espressione della rabbia sono varie e andrebbero rintracciate nella storia di ognuno, provando ad osservare quali convinzioni sono associate all’espressione della rabbia, che originate in un passato più o meno lontano però continuano ad influenzare la vita e le relazioni presenti. Nonostante le motivazioni siano soggettive, la rabbia è spesso associata all’idea che la sua espressione sia sbagliata, dannosa e talvolta pericolosa, per cui sarebbe meglio da tenere per sé.
Eppure la rabbia è un’emozione fondamentale, con una funzione adattiva specifica strettamente legata alla sopravvivenza. Infatti la sua finalità è difendere la persona quando vengono violati i suoi diritti, quando si riceve un torto o un’ingiustizia. La rabbia esprime un atteggiamento di difesa che si origina quando è avvertita l’idea di una minaccia, fisica o verbale, che dunque può esprimersi nelle modalità più varie dalla critica, alla costrizione, dalla svalutazione al mancato riconoscimento, dal sentirsi abbandonati e traditi, sino alla violazione dei propri diritti.
Naturalmente presente in ognuno, indipendentemente dal sesso, dall’età e dall’etnia, la sua modalità espressiva e l’intensità con cui si manifesta può variare notevolmente da individuo a individuo e da società a società.
La rabbia è funzionale all’adattamento nel proprio contesto e all’affermazione di sé, pertanto risulta, come tutte le emozioni, estremamente preziosa per l’uomo. Infatti, permette di perseguire obiettivi, superare le avversità, riconoscere e reagire ai soprusi. Nonostante spesso la rabbia sia vissuta come potenzialmente dannosa all’interno delle relazioni, in realtà un’espressione funzionale della stessa preserva i rapporti stabilendo confini precisi del proprio spazio di libertà entro cui accogliere ed esprimere rispetto reciproco.
La mancata espressione della rabbia può portare a problemi di ordine e tipologia diversa, che possono manifestarsi a livello umorale e sotto varie forme di somatizzazione. Mentre a livello delle relazioni, oltre a causare insoddisfazione, rende i rapporti poco autentici e paritari, dove l’impossibilità ad esprimere i propri pensieri o comportarsi in modo libero, non consente la valorizzazione delle caratteristiche di ognuno.
Dunque non arrabbiarsi, oltre a non essere utile non è sano, e soprattutto, chi non si arrabbia non è per definizione buono o maturo, piuttosto inibito nell’espressione del sé.
Al contrario, imparare a riconoscere l’emozione rabbia, sentirla e verbalizzarla, non agirla, conduce ad un’espressione funzionale della stessa, favorendo generalmente una maggiore soddisfazione e libertà d’azione.
E tu che rapporto hai con la rabbia?
La esprimi o la reprimi?
Cosa pensi possa accadere se l’Altro ti vedesse arrabbiato?