Il meglio di sé – Parte 2
A cura del dottor Antonio Pio Longo
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni
In questo articolo continueremo a parlare dell’Empowerment completando l’articolo precedente dove abbiamo visto che lo psicologo Julian Rappaport nel 1981 descrisse l’Empowerment come un processo che permette a individui, gruppi e comunità di aumentare il controllo attivo sulla propria vita, cioè di essere in grado di prendere decisioni e seguire progetti di vita personali senza essere influenzati troppo dagli altri e dall’ambiente esterno, inteso anche come contesto culturale, credenze e pregiudizi.
Il termine empowerment deriva dal verbo inglese “to empower” che in italiano non ha un vero e proprio verbo corrispondente e che possiamo tradurre con “acquisizione di potere”, cioè essere in grado di attivare risorse personali (e non) al fine di aumentare la sensazione percepita di avere un controllo attivo, quindi di potere decisionale e di azione nel dare un orientamento alla propria vita.
Il processo di empowerment (acquisizione di potere) avviene tramite il self-empowerment (auto-acquisizione di potere), che è una competenza trasversale fondamentale per la crescita individuale. Infatti, se ben allenata, ci dà quel senso di controllo sugli eventi, sulle decisioni possibili da prendere nelle circostanze che la vita presenta sia a livello lavorativo che privato.
Le influenze che minacciano il nostro senso di potere e controllo, nonché la fiducia che abbiamo in noi stessi, possono essere sia esterne quindi contestuali e ambientali, cioè legate agli altri e agli eventi incontrollabili, sia interne quindi legate alla considerazione che abbiamo di noi stessi. Molto spesso, infatti, sono proprio le influenze che provengono dal modo interno quelle che producono maggiore senso di inefficacia, passività e insicurezza che si traduce in bassa autostima. Infatti, la buona notizia è che il self -empowerment è una competenza che si può allenare ad ogni età e in ogni momento aumentando la nostra autostima e capacità di controllo.
Per allenare il Self-Empowerment c’è un percorso di 3 fasi da affrontare.
- La prima fase e quella di attribuzione delle cause che hanno portato (e che portano) allo stato attuale in cui ci si trova, cioè le cause dello scarso senso di controllo e potere percepito sugli eventi e situazioni personali/lavorative. Le cause possono essere interne (personali) o esterne (ambientali/culturali). Questa fase è consigliabile farla con un esperto che possa guidarci nell’esplorazione veritiera delle cause attribuite all’esito di comportamenti, eventi o situazioni accaduti o che stanno accadendo, perché l’errore di attribuzione è sempre dietro l’angolo. Molto spesso infatti, facciamo l’errore di attribuire a cause esterne il risultato di un evento che non è andato come speravamo, quando invece la vera causa era da attribuire ad un aspetto personale, cioè ad una causa interna, e viceversa.
- La seconda fase è quella della auto-efficacia (Self-efficacy), che si riferisce alle considerazione relativa alla nostra capacità individuale di attivare le nostre risorse (cognitive-emotive-comportamentali) al fine di soddisfare le aspettative che ci eravamo prefissate. Molto spesso ci poniamo aspettative troppo elevate e si rischia di trovarsi in uno stato di perenne insoddisfazione.
- La terza fase è quella di visualizzazione del futuro, dove si deve immaginare il proprio futuro nella condizione ideale desiderata e provare a percepire quali sensazioni/emozioni si proverebbero. La ricerca ha ampiamente rilevato che le immagini mentali degli individui di successo sono positive, piene di opportunità mentre quelle di chi fallisce sono negative, attraversate da difficoltà, in perenne ricerca di ostacoli spesso solo fantasticati prima ancora che si verifichino realmente.
Per concludere voglio condividere un esercizio che faccio quasi sempre con le persone e aziende che mi chiedono consulenza: il gioco della margherita.
Occorre fare il disegno di una margherita con i suoi bei petali. Nella parte centrale si inserisce l’ambito della vita che si vuole migliorare o sul quale si vuole lavorare: la carriera, gli studi, le relazioni interpersonali… In ogni petalo, invece, andranno inserite tutte le possibilità e le azioni che si possono intraprendere. Si possono aggiungere tanti petali quante sono le ipotesi che si vogliono analizzare. Un petalo però va lasciato vuoto perché rappresenta l’imprevedibile, cioè quello che non può essere programmato. Dopo aver inserito tutte le possibilità concrete di azione, devono essere analizzate una per una, provando ad immaginare la realizzazione.
Servirà creatività, fantasia, ma anche una grande dose di concretezza e consapevolezza.