Di tutte quelle donne/che più non hanno voce/siamo/il grido/altissimo e feroce!
A cura del dottor Mauro Mangiacotti
Psicologo e Psicoterapeuta
Questo lo slogan delle ragazze e dei ragazzi riuniti in corteo a Padova per ricordare Giulia, la studentessa uccisa qualche giorno fa dal suo ex-fidanzato.
La stretta attualità in concomitanza con la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne impone una attenta e profonda riflessione sull’argomento.
Il fenomeno è complesso; pertanto affronterò con voi soltanto alcuni aspetti senza nessuna pretesa di esaustività.
Proviamo ad analizzare le parole dello slogan i cui termini risaltano valori di continuità e universalità.
Partiamo dal soggetto.
Il soggetto è rappresentato dalle donne che non ci sono più e da quelle presenti. È un continuum che include quelle di prima e quelle di adesso. Possiamo notare come “tutte le donne” si congiunga a “siamo” e questo dà il senso dell’appartenenza di ogni donna all’unica categoria “donne”.
Passiamo all’oggetto.
L’oggetto in questione è la capacità di espressione: “non più voce” si lega al “grido altissimo e feroce”. Anche qui ci troviamo di fronte ad un continuum dove la donna che non può più dire la sua trova risonanza nelle altre donne. È da sottolineare come l’assordante tacere di chi non c’è più sfoci in un ancor più assordante urlare di chi c’è ancora. Ancora una volta il senso di appartenenza di ognuna a tutte.
Il tono dello slogan è inevitabilmente di rabbia di fronte alla violenza più grave che una persona, donna o uomo che sia, possa subire. Se davvero oggi vogliamo arginare questo fenomeno con l’intento di estinguerlo, la comprensibile reazione iniziale di vendetta dovrà lasciare spazio non all’accettazione passiva di quanto accaduto ma a una condivisa progettazione culturale e sociale in cui alla “non violenza” anteporremo “il rispetto”.
Il rispetto di tutte le donne e di tutti gli uomini: il rispetto di ogni vita umana.
Un’ultima cosa con il cuore ferito e la mente speranzosa: Giulia, vivrai per sempre.