“Ci siamo sempre rispettati”
A cura del dottor Mauro Mangiacotti
Psicologo e Psicoterapeuta
Ripartiamo dall’ultimo concetto utilizzato nel mio precedente articolo: il RISPETTO.
Ma cos’è il rispetto?
Il termine deriva dal latino re-spicere: guardare di nuovo, guardare indietro e considerare, avere riguardo. Già solo l’etimologia di questa parola indica che si tratta di un qualcosa di concreto che presenta determinate caratteristiche. Proviamo ad addentrarci in questo argomento.
Il “guardare di nuovo” implica che il rispetto non può nascere “a prima vista” ma necessita di approfondimenti successivi al fine di ottenere una valutazione globale della cosa che stiamo esaminando o della persona con cui ci stiamo confrontando.
Per fare un esempio: non posso dire di avere rispetto per la Costituzione italiana se a mala pena l’ho letta, così come non posso dire di avere rispetto per una persona se a mala pena so chi è.
Ma lasciamo le cose e focalizziamoci sulle persone.
Milioni di volte si è sentito dire “ci siamo sempre rispettati”.
Se analizziamo a fondo questa espressione verbale ritroviamo le caratteristiche del rispetto.
La prima è che si tratta di un’azione volontaria: in piena consapevolezza decido di rispettare un’altra persona.
La seconda caratteristica è quella della relazionalità: io rispetto te e tu rispetti me.
La terza caratteristica si evince dal termine “sempre”: il rispetto ha a che fare con il tempo.
Non si può acquisire velocemente e una volta per tutte. Può durare per tutta la vita o finire in un brutto giorno: ha bisogno comunque di continue conferme.
In altre parole, non posso dire di nutrire rispetto per una persona se non la conosco profondamente e non ho modo di “ri-guardarla”.
Al massimo si può affermare di provare stima per qualcuno ma il rispetto è qualcosa di più solido e duraturo.
Ah, dimenticavo… il rispetto va nutrito innanzitutto per una persona: sé stessi.