Vita da Prof: un lavoro tanto nobile quanto complicato
A cura della dottoressa Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e riabilitativa
Oggi si parla tanto della scuola, di come siano cambiati “i tempi”, di tutte le problematiche che studenti e genitori affrontano, indubbie ed indiscusse. Delle ansie che attanagliano i ragazzi, delle prestazioni elevate, dell’aumento dei ritmi… …
La scuola è il primo banco di prova della vita. Ci si sperimenta, si cresce, si impara. Ma quando si parla di imparare non dobbiamo far fede al semplice Napoleone a Waterloo o agli angoli concavi e convessi, al Big Bang o alla rivoluzione industriale… …
A scuola si impara a pensare, si impara a vivere, si impara a gestire tutto quel mondo emotivo che viene dall’ambiente e che la vita ci chiede di affrontare per crescere.
Un brutto voto, una insufficienza, una nota… … sembrano diventate delle cose impensabili e infattibili. Improponibili per un ragazzo!
E invece no. Questi sono quegli step necessari per la crescita. Attraverso un comportamento o un risultato si insegna la gestione dell’errore, si dovrebbe essere stimolati al miglioramento, così come il brutto voto dovrebbe aiutare a gestire e a conoscere la rabbia, la tristezza e la frustrazione che ne derivano.
Si parla tanto e si osservano tanto queste dinamiche, quelle che avvengono tra i banchi. Ma chi è dietro la cattedra? A cosa va incontro un professore che si trova a dover affrontare tutte queste dinamiche e questi cambiamenti in continua evoluzione ed involuzione, molto spesso senza appoggio e con grande fatica nell’affermazione e riconoscimento del proprio ruolo al giorno d’oggi?
Il Maestro era prima una autorità. Con la sua bacchetta di legno incuteva timore, e il rumore di quel gesso sulla lavagna si poteva ascoltare nel silenzio di un’aula affollata. Oggi, tanti fatti di cronaca e quotidianità , ci raccontano molto spesso il contrario.
Ci raccontano di aggressioni da parte di ragazzi, di ripicche per un brutto voto, di denunce, di richiami per voti sbagliati giudicati da esterni che non potrebbero permettersi un lusso di tale portata: denigrare l’operato di un professionista che svolge il proprio lavoro. I professori moderni affrontano oggi una serie di sfide e stress che inficiano senza dubbio il loro benessere psicologico personale. Alcune ricerche evidenziano delle problematiche che renderebbero questo lavoro pesante e sempre più difficoltoso, ad esempio:
- la “gestione” di alunni troppo difficili e la mancanza di rispetto in classe,
- l’eccessiva burocrazia, la scarsa collaborazione tra colleghi,
- rapporti sempre più “complicati” con i genitori (che molto spesso perdono il ruolo genitoriale diventando a livello scolastico la “campana” protettiva dei figli, i loro “sindacalisti”)
- i sistemi elettronici sempre più in utilizzo e la poca formazione.
È evidente come la professione del docente vada incontro a sempre più disagi, ed è per questo che la correlazione tra l’aumento di questi fattori e l’insorgenza della sindrome di Burnout trova la sua motivazione in essere. Per chi non conoscesse il Burnout, possiamo definirlo in due semplici parole come una sorta di esaurimento delle risorse psicofisiche che portano ad una performance professionale sempre meno efficiente.
Da quanto emerge dunque ci troviamo di fronte ad un lavoro molto complicato, fatto di lezioni, preparazione di argomenti, parte amministrativa, formazione sempre in progresso, senza tralasciare le nuove conoscenze e competenze che richiede il sistema scolastico, tipo il trattamento con alunni con disabilità, i DSA, BES, lo stilare i Pdp… … insomma, un carico di lavoro molto alto unito alle responsabilità di supervisione degli alunni negli ambienti scolastici e la loro gestione.
Senza tralasciare il boom di violenze a scuola che stanno vedendo vittime i docenti: insegnanti aggrediti, colpiti con pallini, minacciati, schiaffeggiati.
La legge si muove, con nuove proposte di legge, riforme, provvedimenti più rigidi, riforme del voto di condotta, l’inclusione della “condotta solidale”.
Ma a cosa serve tutto ciò se non capiamo l’importanza del primo valore che deve ergere sulla società che è quello del rispetto? Si educa al rispetto. Questo si insegna non è innato. E nessuna legge potrà mai ridare indietro ciò che viene tolto: la dignità e l’amore che vi sono dietro una professione così nobile e così sottovalutata.
Servirebbero con urgenza percorsi di sensibilizzazione e divulgazione della tematiche, per fronteggiarla, per fermarla, per sanare questa espressione di potere insana e mal gestita.
Non sottovalutiamo allora le difficoltà che quotidianamente un insegnante deve affrontare sia a livello pratico che emotivo, perchè è molto importante (per contribuire a una crescita e formazione positiva dei giovani di oggi) che le famiglie e le istituzioni comincino a remare nella stessa direzione degli insegnanti.