“Posti Vuoti”
A cura della dottoressa
Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e
riabilitativa
L’ultima foglia su un ramo non è quella più resistente,
ComaCose
le fa solo paura cadere e sentirsi più sola del niente.
Questo mio articolo trae ispirazione dal nuovo singolo dei ComaCose, appunto Posti Vuoti. Mi ha fatto pensare al tema della solitudine, di quel sentirsi un po’ irrisolti, dell’incapacità che ci attanaglia a volte facendoci sentire dispersi e privi di identità. Allora, quando quella solitudine, questi irrisolti si insinuano dentro, tendiamo a non vedere quello che abbiamo intorno e noi stessi, in primis, e quello che percepiamo sono esattamente posti vuoti.
Ma quando sentiamo questa solitudine, questa percezione di vuoto intorno e dentro?
Oggi viviamo in un mondo pieno di connessioni, che dovrebbero aver agevolato il bisogno dell’essere umano di essere un animale sociale appunto. Evidentemente non è cosi. Gli esseri umani hanno necessità di connessioni profonde per sentirsi quasi “risolti”, per essere “confermati”, per sentirsi “accettati”. Non è questa una forma di dipendenza, bensì un bisogno esistenziale qualora questo non si evolve nel patologico. La Dipendenza Affettiva è senza dubbio una delle più grandi tematiche ad oggi trattate parlando di psicologia. Ma l’affermazione di sé, è un’altra cosa. E non deve mai avvenire solo attraverso ciò che ci circonda, bensì la nostra identità deve formarsi anche attraverso ciò che ci circonda.
Perché allora questo senso di solitudine?
Possiamo dire che questo senso di solitudine è condito della combo tra fattori personali, ambientali e sociali. Questo irrisolto, questa fragilità dell’identità derivano da una serie di insicurezze e schemi disfunzionali che nel tempo abbiamo strutturato. Forse perché abbiamo dato più importanza a chi ci diceva cosa dovevamo essere anziché pensare a chi dovevamo essere. Nel momento in cui la solitudine non è quel “posto vuoto”, possiamo definirla Solitudine Esistenziale, ed è l’esperienza intima con noi stessi,quello star solo di cui sento il bisogno, che mi necessita per far del bene all’anima. Quei rumori che vanno spenti, quel mondo che deve fermarsi perché io ho bisogno di me. E questo è inevitabile per la vita umana. È necessario.
Quando invece pensiamo ai posti vuoti, parliamo di Solitudine Emotiva. Differentemente dalla solitudine esistenziale, questa nasce dalla mancanza di relazioni sociali, di una relazione amorosa, o semplicemente dal fatto che si stabiliscono relazioni non appaganti che ci danno dunque la percezione di essere soli, non supportati, non ascoltati. Quella sensazione che sperimenti quando hai bisogno di qualcuno e ti rendi conto che lì non c’è nessuno. Forse perché restiamo attaccati a rapporti a volte, come la foglia sul ramo, solo perché abbiamo troppa paura di cadere e finire nel niente. E quindi ci accontentiamo di tenere in piedi rapporti e amicizie estremamente vuoti, ma che nel nostro scenario appaiono almeno come “qualcosa”. Quel raccontarcelo un po’ di non essere soli. E questo tipo di solitudine è quello che più ci fa avvicinare al concetto di Dipendenza Affettiva, lì dove i nostri bisogni e desideri, le nostre realizzazioni, personali e sociali, passano in secondo piano pur di non percepire l’assenza. E ci accontentiamo così di quelle presenze che invece sanno tanto di assenza. E quell’eco risuona dentro, del vuoto.
E quel niente dove crediamo di finire, siamo sicuri che effettivamente sia niente?
O può essere l’inizio del tutto?
O semplicemente, può essere il nuovo inizio di te?
Bisogna solo avere il coraggio di attraversare la reale solitudine che può essere necessaria per il vero incontro con sé stessi, di sperimentare e concedersi il vissuto abbandonico per poi diventare consapevoli che l’unico abbandono significativo è quello che noi diamo a noi stessi. Quello è l’abbandono più grande che causa e genera quel senso di solitudine. Perché io ho permesso a me stesso di lasciarmi andare e non prendermi cura di me, di darmi l’amore che mi dovevo.
Con coraggio e determinazione.
Come arrivare a ciò?
Lavorare in primis sulla propria identità. “Chi sono”? …ad oggi mi risulta quasi essere la domanda che ha sempre trovato meno risposte.
Dentro siamo posti vuoi in attesa di una verità.
ComaCose
Per non sentirsi soli, il posto che non deve restare mai vuoto, è il tuo.
Concludo con una massima di Friedrich Nietzsche, che dice: