Disabilità non significa malattia
A cura della dottoressa Valentina Turco
Psicologa e tecnico ABA
La disabilità può essere presente dalla nascita o essere una conseguenza di un incidente oppure di una patologia, ma non è una malattia e non è contagiosa.
Anche se nella nostra società “tecnocratica” innumerevoli sono le conquiste e i progressi che in ambito socio-culturale sono stati raggiunti, risulta molto spesso difficile parlare di disabilità.
Quando si affronta questo tema ci si trova di fronte ad imbarazzo o disagio, termini quali “handicappato” e “diversamente abile” spesso hanno assunto toni discriminatori nel linguaggio comune.
Proviamo a pensare alla disabilità non come una malattia associata a sofferenze e dolore, ma come una condizione peculiare nella quale una persona non riesce a fare qualcosa, ma se vengono messi a disposizione gli strumenti giusti, tale condizione seppur difficoltosa per certi aspetti, può contribuire a potenziare altre abilità compensando in un certo senso le difficoltà. Questo è ciò che accade nel caso delle disabilità motorie in cui risulta fondamentale oltre all’intervento riabilitativo anche un delicato lavoro di crescita e uno sviluppo della personalità quanto più possibile autonoma, anche attraverso l’ausilio di nuove tecnologie.
Se parliamo invece di disabilità intellettive ci riferiamo a quelle condizioni che compromettono la conquista delle funzioni cognitive più elevate e di quelle adattive specie negli ambiti concettuali, sociali e pratici. Sono molteplici le finalità degli interventi proposti che hanno come obiettivo comune il miglioramento globale della qualità di vita del soggetto. Da un punto di vista farmacologico si ha l’obiettivo di trattare le eventuali alterazioni neurologiche e i comportamenti problema come stereotipie, auto ed etero aggressività, iperattività. A livello riabilitativo, ci si concentra sul rafforzamento di abilità cognitive e metacognitive che risultano deficitarie e che difficilmente si sviluppano spontaneamente. A livello educativo, mediante interventi comportamentali, si mira a correggere i comportamenti disadattivi favorendo la riproduzione di quelli funzionali. Tra questi interventi troviamo la terapia Aba che verrà approfondita nel prossimo articolo.
Per concludere, è necessario considerare che fattori importanti per il successo di un qualsiasi intervento coinvolgono sia le caratteristiche specifiche dei partecipanti, il loro grado di partecipazione alla terapia, la relazione con il terapista e il grado di alleanza sviluppato, oltre che una partecipazione attiva;
tutti fattori importanti che favoriscono quell’importante spinta al cambiamento nella direzione di un miglioramento globale della qualità di vita dei pazienti.