Sindrome della Capanna e comfort zone: gli strascichi del lockdown. Uscirne a “piccoli passi”
A cura della dottoressa Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e riabilitativa
Così recitava Lao tzu, per poi diventare una teoria. La saggezza, verità di e da sempre. Cambiare spaventa. Decisioni, responsabilità, scelte, azione… che paura, che ansia!
Spesso il cambiamento è legato allo stravolgimento delle proprie abitudini, ad una meta così lontana tanto da sembrare irraggiungibile. E cosa c’è di meglio del non stravolgimento, di un posto sicuro, privo di pericoli, nel quale non è necessario attivarsi per la sopravvivenza, non sono necessari grandi dispendi di energie e riusciamo a godere tranquillamente di tutto ciò che abbiamo intorno?
Ecco, benvenuta Sindrome della Capanna (Cabin Fever). Vediamo meglio di cosa si tratta e come ad oggi si riflette. Un vero contraccolpo psicologico delle esperienze dei mesi scorsi.
La Pandemia di covid-19 continua a condizionare le nostre vite, continua ad incutere timore e a provocarci stati d’ansia. Molti faticano a tornare ad una presunta normalità, continuando a riscontrare alcune problematiche psicosociali.
Ma cosa è realmente la sindrome della Capanna o del Prigioniero?
È in termini spiccioli la paura di uscire e lasciare la propria casa, il proprio porto sicuro, al riparo da qualsiasi pericoloso agente esterno. Questo perché da una parte è una comfort zone che abbiamo iniziato a conoscere e ad apprezzare, ma ciò dall’altra parte può portare invece ad avere degli stati d’ansia nel momento in cui se ne esce fuori, altresì nel suddetto caso per il timore di contrarre il virus.
Per motivi diversi, ma soprattutto per meccanismi inconsci, ansia, paura, e frustrazione hanno preso il sopravvento nello stato d’animo di queste persone che, oltre tutto, hanno manifestato contestualmente anche:
- disturbi del sonno
- depressione
- spiccata tendenza all’irritabilità
Effetti per certi versi riconducibili a chi appunto è stato costretto ad una lunga degenza o anche a chi ad esempio, vivendo in zone del mondo dove il freddo invernale impedisce di uscire, è costretto a restare chiuso in casa per mesi e mesi.
Oltre al terrore per il covid potremmo trovare altre concause:
- terrore verso il mondo esterno
- paura di ammalarsi
- timore di contagiare i propri cari
- la convinzione di non ritrovare più il mondo che si conosceva prima
I soggetti più facilmente colpiti sono:
- persone con minor capacità di adattamento ai cambiamenti
- persone inclini all’ansia e all’ipocondria (eccessiva apprensione per il proprio stato di salute)
- persone che soffrivano già in precedenza di fobie o disturbi psichiatrici
Inoltre gli effetti del Coronavirus sull’economia e le incertezze professionali che ne sono derivate, non hanno fatto altro che estendere tutto questo a più ampie fasce di persone.
Come meglio affrontare tutto questo?
A piccoli passi, o meglio adottando la teoria dei piccoli passi.
“Si può fare, si può fare
puoi prendere o lasciare
puoi volere, puoi lottare
fermarti e rinunciare.
Si può fare, si può fare
puoi prendere o lasciare
si può crescere e cambiare
continuare a navigare”.
Angelo Branduardi
Cambiare abitudini di vita, affrontare scelte importanti e decisive, sono casi in cui bisogna vincere una battaglia personale con noi stessi, gradualmente.
Un obiettivo per essere raggiungibile, deve essere piccolo, o meglio, deve essere alla portata della persona poiché definendone uno troppo grande e quindi troppo vago, farebbe scattare immediatamente le nostre resistenze al cambiamento, destinandoci al fallimento. Si possono raggiungere grandi risultati adottando la tecnica dei piccoli passi.
Il modo in cui affrontiamo i problemi , influenza molto il modo in cui ci approcciamo ad essi. Dunque: Piccoli passi, grandi risultati.
Tante sono le problematiche che nell’ultimo periodo hanno inficiato sulla nostra normalità e tranquillità che fino a quel momento, ci eravamo costruiti.
Ora, non avendo paura di uscire dal nostro guscio, dalla nostra capanna, dalla nostra comfort zone, dobbiamo (ri)vivere, con tutte le accortezze del caso.
Prestare attenzione, fa parte della vita. Ad oggi questo ci viene chiesto per una emergenza, e perché non farlo? Uscire a camminare, a fare la spesa, a pagare una bolletta. La vita non si è fermata, ci ha chiesto solo di adattarci ad un suo cambiamento. Se siamo in giro proteggiamoci con la mascherina, ma la comunicazione non è impossibile! Alziamo il tono di voce magari, verremo compresi meglio anche perché non ci si può sussurrare. La mascherina, il cambiamento non ci ha tolto la parola, ci ha fatto scoprire di averne in più modalità! O che si può comunicare con le espressioni facciali: occhi, fronte, sopracciglia… sono i nostri, non siamo diventati invisibili! Magari non ci basterà o potrà essere riduttivo, fa nulla! Abbiamo la gestualità!
Reinventiamoci, adattiamoci al cambiamento, siamo flessibili. Non dobbiamo avere paura di affrontare le difficoltà, né dobbiamo raggirarle. Ma dobbiamo reagire, in modo funzionale e tutelandoci sempre!
Perchè il nostro guscio, è il mondo.