La Montagna
A cura del dottor Antonio Pio Longo
Psicologo del lavoro e delle organizzazioni
Questo articolo nasce dall’ultima escursione di formazione esperienziale e outdoor training che abbiamo fatto su Monte Calvo, a San Giovanni Rotondo nel Parco Nazionale del Gargano. Con i miei colleghi e i partecipanti abbiamo avuto modo di esplorare (nel vero senso della parola!) quello che la montagna può rappresentare al livello simbolico.
Metaforicamente a cosa ci fa pensare?
Quello che è emerso da questa esplorazione simbolica della parola montagna è stato che eravamo tutti concordi nel considerare la montagna come la metafora della vita. La fatica della salita, il panorama e il cambio di prospettiva sia durante la salita che sulla vetta, il tragitto migliore per raggiungere la vetta. Raggiungere la vetta di una montagna è simbolicamente come uscire fuori dalla propria comfort zone, dove troppo spesso ristagniamo. Non saprai mai che panorama è nascosto dietro la montagna se continui a restare sulla strada diritta e sicura che si trova a valle. C’è bisogno di avventurarsi su per la montagna per scoprire nuovi panorami e quindi nuove prospettive, per guardare meglio le cose dall’alto. Sensazioni, emozioni e insegnamenti che non avresti trovato restando sulla strada sicura e piatta che stavi percorrendo a valle della montagna. Spesso alla base della scelta di restare sulla strada invece che di avventurarsi su per la montagna, c’è la paura. Le montagne sembrano tutte così grandi se le guardiamo dai loro piedi e restiamo immobili, e sembreranno sempre più grandi se non si inizia a fare il primo passo.
La metafora della montagna come simbologia della vita ci insegna che fare il primo passo rende giorno dopo giorno la montagna sempre più piccola. Se invece restiamo immobili ai suoi piedi, la montagna sarà sempre più grande e noi sempre più spaventati a tal punto di decidere di non provarci nemmeno.
Al di là della metafora con la vita che la montagna può simboleggiare, è bene sottolineare i molteplici benefici psicofisici che una buona abitudine di passeggiate in montagna o in natura può apportare al nostro corpo. Tra benefici psicologici dobbiamo considerare sia quelli relativi al benessere e al rilassamento psicofisico, come ad esempio la riduzione dello stress (perché il contatto con la natura e la fatica riducono la produzione dell’ormone responsabile dello stress, cioè il cortisolo), che quelli di allenamento e miglioramento delle competenze personali cognitive e socio-emotive come la gestione delle energie, del tempo, l’autostima, la creatività, la concentrazione, la consapevolezza di noi stessi e di ciò che ci circonda. A questi benefici psicologici si uniscono i benefici fisici che una passeggiata in montagna può suscitare nel nostro corpo, cioè cosa succede nel nostro organismo a livello chimico e biologico, fisiologico? C’è un miglioramento della circolazione del sangue, della respirazione e dell’ossigenazione, miglioramento della vista e dell’attenzione, aumento delle difese immunitarie, si abbassa la pressione, migliora la qualità del sonno, la tonicità muscolare e tanti altri benefici.
Da non trascurare il rischio che una vita sempre più dipendente dalla tecnologia sta portando con sé.
La sensazione di sentirsi perduti, esclusi, emarginati se non abbiamo una connessione internet ne è la massima espressione. Viene definita “FOMO” letteralmente Fear Of Missing Out (paura di rimanere escluso), ed è la sensazione di paura e ansia che sente chi teme di essere escluso da eventi o attività ed esperienze presenti in rete, sui social network prima di tutto. Da qui nasce il desiderio costante di restare informati, di essere presenti online, commentare, “partecipare” in qualche modo. Controllare morbosamente il cellulare alla ricerca di notifiche. La disintossicazione dalla dipendenza della tecnologia si chiama “digital detox” e si riferisce proprio ad una intossicazione dovuta all’abuso di tecnologia digitale (social network, Google, applicazioni varie ed eventuali di ogni tipo) e nel non saperne fare a meno.
Per questo spegnere il telefonino e fare una bella passeggiata in montagna abitualmente, o in un qualsiasi altro posto naturale, ci permetterà di concentrare su noi stessi e sul contesto naturale circostante tutte le attenzioni.
Percepire il rumore strisciante tra le foglie di una lucertola e cercarla con lo sguardo, fermarsi ad osservare una quercia imponente che ha ingoiato letteralmente ai suoi piedi una pietra, anch’essa non più piccola di una cinquecento.
Fermarsi a sentire i profumi del muschio e il suono del vento che soffia tra i rami o il sole splendente che riscalda la faccia.
A noi abitanti di San Giovanni Rotondo, e a noi garganici in generale che abbiamo tante montagne e luoghi naturali di ogni tipologia e bellezza (mare, laghi, foreste, montagne), il mio invito è di frequentare sempre più spesso questi luoghi, spegnere il telefonino almeno per trenta minuti di esercizio e soffermarsi a osservare, sentire, toccare, annusare tutto ciò che ci circonda. Fare tutto lentamente, con il tempo che ci vuole per farlo bene e con consapevolezza, nel rispetto della stessa natura che sta ricaricando le nostre energie tramite un vero e proprio scambio. È uno scambio invisibile che la nostra percezione e i nostri sensi però sicuramente stanno catturando, sta piacendo e sta facendo bene.