Una violenza… subdola
A cura della dottoressa Pamela Longo
Psicologa e Psicoterapeuta
Il 25 novembre si celebra la giornata contro la violenza sulle donne, una giornata che ricorda l’imponenza del fenomeno, considerato, a tutti gli effetti, anche un problema sanitario a livello globale, come sottolinea il Ministero della Salute, sulla scorta del rapporto dell’OMS secondo cui un’elevata percentuale della popolazione femminile è vittima di abusi fisici, psicologici o sessuali, spesso subiti dal proprio partner o comunque all’interno delle relazioni affettive.
Sebbene quando parliamo di violenza nelle relazioni, il nostro pensiero si volge immediatamente verso forme di aggressione fisica e sessuale, la violenza trova espressione attraverso molteplici forme, alcune delle quali meno visibili e più subdole. La costante svalutazione, le offese, le critiche, le mancanze di rispetto, il controllo di ogni movimento o azione, sono solo alcune delle manifestazioni comportamentali di quella che definiamo violenza psicologica.
Per violenza psicologica si intende una forma di maltrattamento subdolo che ha come elemento comune un meccanismo di sopraffazione che nel tempo lede e intacca il senso di identità, la dignità e l’autostima delle persone che ne sono vittime.
La violenza psicologica, utilizza come arma principale la parola, non è solita arrivare a forme di danno fisico, o comunque non necessariamente sfocia in esse, per cui spesso chi la esercita non ritiene di fare violenza ed è il motivo per cui talvolta è ritenuta meno “grave” di quella fisica. .
Se la violenza fisica lascia segni oggettivabili sul corpo, quella psicologica si insinua nell’anima delle persone lasciando segni altrettanto visibili seppur non ad occhio nudo.
Difficile da descrivere entro canoni comportamentali definiti si presenta nelle forme più disparate, che variano oltre che nelle modalità, in frequenza ed intensità degli atti. Sono proprio questi elementi ad esercitare un impatto psicologico sulla persona.
Una delle conseguenze più importanti della violenza psicologica concerne l’impatto negativo sull’autostima e il senso di sé, per cui spesso la vittima tende a sentirsi in colpa e nel tempo inizia a reputare prima le sue azioni, poi la sua persona come sbagliata, tale per cui potrebbe quasi sentirsi responsabile nel ricevere un trattamento simile, che talvolta non viene nemmeno più considerato violento.
Un’emozione spesso associata a questo vissuto è la vergogna, emozione che sollecita il nascondimento, per cui quando ci chiediamo perché le vittime faticano a chiedere aiuto, possiamo provare a trovare la risposta in questo vissuto di colpa e vergogna che impedisce di comprendere pienamente la “realtà” per cui anche solo poterne parlare con qualcuno, diventa quasi impossibile. La costante insicurezza diventa terreno fertile per minare l’autostima, e come in un circolo vizioso “consolida” ancor più la relazione con l’abusante, che ha come conseguenza la svalutazione da parte della vittima del comportamento violento e la messa in atto di strategie di evitamento delle conseguenze, alimentando ancor più l’abuso emotivo che diventa parte integrante della relazione.
Uscire da questa spirale pericolosa è complicato, perché il primo passo è rappresentato dalla presa di consapevolezza che tutto ciò è profondamente distruttivo. Le ragioni per cui si entra all’interno di questa spirale sono assolutamente soggettive, ma hanno a che fare con l’affettività e il modello relazionale che ognuno ha vissuto e fatto suo, per cui scardinare questa dinamica è molto più che complesso e certamente non ha a che fare con l’intenzionalità della vittima di permanere all’interno della relazione. Vissuto spesso di chi è vicino, che stenta a comprendere come mai chi ci è dentro faccia fatica a venirne fuori, quasi poi nel tentativo di scuotere le vittime, potrebbe alimentare quel sentimento di inadeguatezza che le pervade. L’abuso emotivo, come tutte le forme di violenza si alimenta nell’oscurità, dove è difficile comprendere, parlarne o riconoscerla.
Reagire e liberarsi non è facile, soprattutto per la profondità delle emozioni coinvolte, ma è il passo necessario per ritrovare la serenità e uscire da questa trappola travestita d’amore. Fondamentale è non lasciare sole le vittime, potendone essere rete di sostegno senza giudizio, affinché si senta supportata nel trovare coraggio per chiedere aiuto.