Violenza e aggressività in aumento tra i giovani: i figli di un futuro complesso
A
cura della dottoressa Maria Erika Di Viesti
Psicologa clinica e della salute
Formata in Psicodiagnostica clinica e forense e Neuropsicologia clinica e
riabilitativa
Ci tengo a precisare che quella che sto per esporre è una lettura parziale, che non rappresenta la complessità del fenomeno reale. È una lettura che deve indurre alla riflessione, al pensiero personale.
Osservando i giovani, possiamo dire che rispecchiano la società, il suo grado di complessità e le incertezze che vive, i pochi punti di riferimento stabili che il futuro prospetta. Facciamo alcuni esempi per capire…
Se la scuola ad esempio sottovaluta il fenomeno del bullismo, delle prepotenze continuate in classe, non prendendosi carico di quelle azioni che potrebbero contrastarlo, è facile che in quella scuola si sviluppi una cultura della sopraffazione e della impunibilità.
Se per strada di fronte anche a piccole trasgressioni, a molestie, o a vere e proprie azioni delinquenziali, il cittadino comune non fa sentire la sua voce o ancora meglio non prova ad intervenire assieme ad altri per contrastare tali azioni, è chiaro che il messaggio di indifferenza, paura, condizionamento, può diventare un modello per alcuni giovani mentre l’impunità diventa un modello per altri.
Agli occhi di molti adulti i giovani d’oggi fanno parte di una generazione che sembra non avere chiari né punti di riferimento né valori positivi, che mette in luce un’assenza di progettualità per il futuro, di regole e limiti, che sembrano perdersi nella ricerca di situazioni e comportamenti irrazionali, senza che venga calcolato il rischio, il limite estremo, l’esagerazione. Aumentano così anche comportamenti di intolleranza, aggressività, microcriminalità.
L’opinione pubblica è comunque in allarme perché registra l’aumento della violenza e dell’aggressività giovanile e si interroga perplessa su come potrà mai essere il futuro della società. Questa tendenza a ricercare un capo espiatorio, è tipica di una difficoltà a sapersi mettere in discussione, e impedisce la ricerca di un’analisi prima di tutto all’interno della società stessa per comprenderne le cause più profonde.
Ma attenzione !
Il disagio giovanile non va mai confuso con il naturale ed evolutivo disagio adolescenziale con le tipiche difficoltà che l’adolescenza, come momento di forte crescita e transizione, porta con sé.
Il disagio giovanile non è da considerarsi neanche una caratteristica dei giovani d’oggi, ma forse si può intendere come l’espressione di una vita problematica di una piccola parte di loro (abuso e dipendenza da droghe, anoressia, bulimia, comportamenti antisociali, forti difficoltà relazionali e famigliari), che si innesca in quelle difficoltà adolescenziali tipiche di ogni epoca e in quelle specifiche della società in cui vivono.
Aspetti che vengono comunque a volte solo sfiorati da alcuni e che per altri costituiscono un momento di difficoltà temporanea.
Sono più frequenti i momenti dove prevale la ricchezza di esperienze positive, il piacere della socializzazione con il gruppo dei pari, il riuscire a dimostrare di valere a scuola, nel lavoro e nella vita, la voglia di conoscere il mondo, la capacità di produrre azioni di solidarietà e di attenzione al prossimo.
Cosa dire quindi, per chiudere e concludere un argomento così ad ampio spettro analitico, intriso di dinamiche intrecciate dove non esistono colpe né capri espiatori ma solo dinamiche che si evolvono (in bene o in meglio non si sa)??
… le difficoltà adolescenziali hanno una necessità evolutiva ed esistenziale, senza le quali il percorso di crescita non si svilupperebbe appieno, ma verso le quali la collettività e la famiglia devono saper rispondere con attenzione per adempiere appieno al loro ruolo e alla necessaria omeostasi sociale.