LibriAmo a cura di Renata Grifa
Avete presente la scena di Candy Candy in cui lei incontra per la prima volta Terence
sul ponte della nave? […] in realtà è già innamorata.
Se Candy avesse buttato giù dal ponte quel narciso di merda,
ci saremmo risparmiate anni di terapia.
Il povero Anthony, quello delle rose, era un ragazzo innamorato, altruista, solare, buono.
Infatti muore. Cadendo da cavallo.
Chiara Moscardelli
Beh non preoccupatevi se avete provato ad essere delle gatte morte e non ci siete riuscite, c’è sempre un piano B che poi può essere A o Z visto che… dai la scusa della vedova non possiamo usarla proprio troppo spesso.
Ma visto che a questo mondo ci vogliono tutte mamme, mogli, fidanzate perfette e allora che sarà mai una piccola bugia?
Ed è così che, abbandonata l’aspirazione ad appartenere alla micidiale categoria femminile delle gatte morte, “quelle che non sono divertenti, sono seducenti. Non esprimono opinioni, hanno paura dei thriller, soffrono di mestruazioni dolorose, non fanno uscire il ragazzo con gli amici, non si concedono al primo appuntamento e fin da piccola ha un solo scopo: il matrimonio”, ritroviamo la dolce Chiara, non più giovanissima (se ci sentisse!) e alle prese con la sua pazza vita e le sue mille disavventure.
E quale persona migliore se non il suo analista, il dr. Morti (chissà che non si innamori anche di lui) può raccogliere le ansie e le angosce di chi deve fronteggiare giorno per giorno un vero e proprio malessere, quello della singletudine.
Chiara non ce la fa, sembra che senza il principe azzurro (eppure un principe lo trova “Comunque sia, uscii da quel negozio con una dozzina di sacchetti, o sacchètti, pieni di palline di ogni dimensione, e un apparecchio blu – Perché ha questo colore? – lo avevo chiesto soppesandolo tra le mani. –Tesoro ma perché è un principe azzurro!) la sua vita sia incompleta, è alla continua ricerca di un compagno, un fidanzato o semplicemente qualcuno da portare alle cene sociali.
Ma pare sia sempre quello sbagliato “Mai Anthony, per intenderci. Sempre Terence”, mai quello che ripiega i vestiti, sempre quello che ce li strappa.
Ed è cosi, tra cerette mai fatte, appuntamenti sbagliati e amori idealizzati, che Chiara si fa strada nella giungla selvaggia di una Milano che invece ha tutto da offrire e non si rende conto che forse il suo è un mondo molto più ricco di quelli che le gravitano intorno “Solo che mi mancava (…) un pezzo bello grosso: l’amore, il compagno, il fidanzato. Quello che non mi avrebbe fatto sentire sbagliata, sola, single, in una parola: zitella”.
Con un’ironia, o meglio dire autoironia da cui si dovrebbe solo prendere esempio, Chiara Moscardelli (sì, protagonista e autrice del libro) si rivela essere una penna leggera, comica e che al tempo stesso fa riflettere su come troppo spesso sia la società a decidere che una donna alla soglia dei quarant’anni sia troppo vecchia per una famiglia e all’improvviso troppo giovane per la vedovanza, e che alla fine forse (il forse è di mia iniziativa) “siamo noi il nostro lieto fine, il nostro ballo di Cenerentola. Il vissero per sempre felici e contenti esiste, solo non è quello che ci hanno raccontato. Ecco la vera favola”.