Illegale l’identificazione personale degli utenti
E’ notizia di questi giorni dell’arrivo ( finalmente ) del Wi-fi libero, ovvero la connessione ad internet libera e gratuita offerta dal Comune in punti di maggiore aggregazione di piazza o in punti strategici che sfrutta appunto la tecnologia Wi-fi, ovvero senza fili. Oramai in tutta Italia i comuni offrono da tempo tale servizio ai cittadini, a maggior ragione in realtà caratterizzate dall’essere mete turistiche e che sul turismo basano la maggior parte della propria economia. San Giovanni Rotondo come al solito ci arriva in ritardo, ma in questo caso varrebbe la pena di dire quantomeno ci si è arrivati finalmente, era ora.
Ma ahimè non è questo il punto della questione.
La vera questione, che tra le altre cose ha scatenato le polemiche sui social network subito dopo la pubblicazione della notizia, riguarda l’identificazione e la registrazione preliminare all’utilizzo del servizio. Ovvero, per poter connettersi ad internet utilizzando la rete wi-fi pubblica, oltre ad essere naturalmente nei pressi dei punti coperti dal servizio, occorre effettuare una procedura di registrazione/identificazione dell’utente attraverso l’invio di dati sensibili, quali nome cognome, numero di cellulare e indirizzo email, al fine di ricevere dopo l’identificazione un messaggio contenente nome utente e password per accedere al servizio.
In effetti dal punto di vista legale, si tratta nella migliore delle ipotesi di una svista.
Lo scorso luglio infatti, un emendamento al dl del “fare” che faceva retromarcia sulla liberalizzazione del wi-fi pubblico, è stato contro-emendato, ristabilendo di fatto il libero accesso senza registrazione alle reti wi-fi pubbliche come precedentemente previsto. Recita il testo della legge attualmente in vigore:
”L’offerta di accesso alla rete internet al pubblico tramite rete WIFI non richiede l’identificazione personale degli utilizzatori. Quando l’offerta di accesso non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore del servizio, non trovano applicazione l’articolo 25 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° gennaio 2003, n.259 e successive modificazioni, e l’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni”.
Per la serie quando si dice che la “rete non perdona”, di fatto quindi, la registrazione e l’identificazione personale preliminare non è prevista dalla legge anzi vietata, e la stessa la impone solo quando l’offerta è “attività commerciale prevalente”, si pensi quindi a gestori privati come gli Internet Point. Nel caso della rete pubblica o di reti aperte al pubblico come quelle di bar o ristoranti, l’esclusione dal servizio di chi non fornisca i dati personali è una discriminazione illegale. Tutto questo renderebbe il nostro wi-fi più che libero, semilibero, ma soprattutto al di fuori della legge. E questo è un dato di fatto.
Dall’altro canto la legge comunque impone al fine di evitare i reati informatici che l’identificazione delle utenze non sia su base personale, ma attraverso uno strumento in gergo tecnico noto come “MAC Address” che in parole povere è un codice univoco elettronico assegnato ad ogni scheda di rete prodotta nel mondo, quindi è come se ogni singola scheda di rete prodotta avesse un nome ben preciso. Quindi ogni computer è identificabile attraverso il proprio “nome” o MAC Address, il che in caso di reati informatici consentirebbe alla polizia informatica di risalire all’autore. L’inconveniente che presenta però questo tipo di identificazione è che esistono numerosi software in grado di modificare il Mac Address e di questo la legge non tiene conto, realizzando di fatto un pasticcio e un vulnus normativo efficace.
A questo punto diverse aziende private che si occupano di realizzare e gestire le reti wi-fi pubbliche per conto dei Comuni, propongono questa registrazione preliminare dei dati personali, che ricordiamolo per legge è illegale, dietro la giustificazione che in caso di reati informatici non sia il gestore o Il Comune a subire le conseguenze. In realtà mentono in quanto attraverso il Mac Address è comunque possibile identificare un dispositivo, e di fatto mettono in pratica una forzatura illegale, che in concreto attraverso l’incrocio di Mac Address e dati personali crea una sorta di monitoraggio preliminare della vita privata e pubblica dei cittadini, una sorta di GPS puntato sulla testa della gente che di fatto elimina ogni forma di privacy. Roba da far impallidire il Datagate americano.
Una buona Amministrazione non può esercitare al di fuori della legge. Occorre quindi porre rimedio.
Pio Matteo Augello
alex156
Ho letto l’articolo postato e ho fatto delle ricerche sul web per fare un pò di chiarezza sull’argomento “Wi-Fi Free,per cui la invito a leggere sul mio sito http://www.alesigismondi.it l’articolo che ho scritto
alessandro sigismondi
redazione
Gent.sig. Sigismondi, ci perdoni ma crediamo abbia preso un grosso abbaglio. Il noto “Decreto del fare” i cui dati normativi le indichiamo di seguito, all’art. 10 tratta proprio della “Liberalizzazione dell’accesso alla rete internet tramite tecnologia WIFI e dell’allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete pubblica”.
E’ vero che ci sono comuni che adottano l’identificazione ma è evidente che si tratta di comuni che hanno attivato il servizio prima del vigente decreto. Come è vero che oggi Firenze o Rodi Garganico hanno il wifi libero senza identificazione così come previsto nel decreto (convertito in Legge) del fare.
Può correggere o annullare a questo punto il suo articolo.
Testo del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (in S.O.n. 50/L alla Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 144 del 21 giugno 2013), coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98 (in questo stesso S.O. alla pag. 1), recante: «Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia»
Redazione SanGiovanniRotondoNET.it